La storia del mondo raccontata in 1400 metri quadri di mosaici nel Chiostro della Foresteria, sotto la statua che rappresenta l’autoritratto in ferro di Nick Spatari che domina sul Musaba proteggendolo forse dal cielo. Nel Musaba è rimasta la compagna di tutta la sua vita, Hiske, la donna con la quale ha condiviso il sogno di tornare in Calabria per creare un mondo tutto loro, fatto di arte in mezzo al bosco: il Musaba, vale a dire Museo Santa Barbara, cosi chiamato perché sorge sul promontorio Santa Barbara, dove già dal IV secolo sorgeva un complesso monastico certosino.
E sono state proprio quelle rovine il motore del Musaba che è considerato oggi uno dei più straordinari posti dell’arte contemporanea. Paolo Portoghesi: “Il lavoro svolto dalla fondazione restituisce alla natura tutto il suo valore, attraverso interventi delicati, che senza sovvertire l’ordine naturale, l’arricchiscono e lo ravvivano. Trasformare una valle in Calabria in un parco laboratorio, in cui però la presenza dell’artista è determinante, mi sembra oltre che un fatto culturalmente importante qualcosa che proietta davvero verso il futuro, che scopre una nuova dimensione del rapporto uomo-paesaggio. Soltanto attraverso un rapporto analitico del suo rapporto con la natura l’uomo può riuscire a non perdere costantemente quota, a non trasformare questo rapporto in un atteggiamento di rapina“.
Siamo a Mammola, un paesino della provincia di Reggio Calabria, a circa 10 chilometri dal Mar Ionio. Il Musaba spicca con i suoi colori sin dalla statale. Qui Hiske, olandese, dal 69 si trasferì insieme al suo Nick che, originario di Mammola, dopo aver girato l’Europa, decise di tornare alla base. Di esperienze insieme ne avevano vissute tante: Nick aveva esposto nel 1958 alla Biennale di Venezia e si era trasferito prima a Losanna e poi a Parigi dove frequentava lo studio di Le Corbusier, Max Ernst, Pablo Picasso e Jean Cocteau. E fu proprio a Parigi che incontrò lei, l’artista Hiske Maas.
Nick e Hiske si trasferiscono prima a Milano poi, nel ’69 decidono di fermarsi a Mammola, entrambi innamorati dell’antico complesso in rovina (1500 mq) e del sogno di trasformarlo in un museo contemporaneo. Superano insieme l’ “antropocene” sperimentata nelle città dove l’intervento umano ha la meglio sulla Terra e sui suoi ecosistemi per fare un passo indietro e cercare un equilibrio tra natura, arte e vita. Anticipano, di decenni, le istanze attuali.
L’attività vera e propria inizia nel 1974 con la creazione di uno spazio tra i ruderi per esporre trecento opere di artisti contemporanei, in collaborazione con il Comune di Milano e numerose gallerie d’arte milanesi. Una rivoluzione, all’epoca, per la Calabria dell’epoca dove l’arte era considerata ancora principalmente come classica, della Magna Graecia.
Per cinquanta anni Nick e Hiske hanno costruito il Musaba. Da soli, basandosi sulle proprie forze. Già a nove anni Nick aveva vinto il premio internazionale di pittura dell’Asse Roma-Tokyo-Berlino, ma ad unidici perse l’udito. Oggi si chiamerebbe resilienza: Nick continua a studiare da solo, da autodidatta, in particolare scultura e architettura. Un uomo abituato a combattere, ma anche abituato a viaggiare ed a frequentare artisti. La loro ultima grande opera è la Rosa dei Venti, ultimata nel 2013.
Nick da due anni non c’è più mai i suoi mosaici parlano per lui. Nella Foresteria, racconta in 29 pannelli e 1400 metri di mosaici, la storia dell’uomo partendo dall’arte sumera e passando dal vecchio al nuovo testamento. Infatti risalgono al 3000 aC le prime decorazioni a coni di argilla dalla base smaltata di diversi colori, impiegate dai Sumeri per proteggere la muratura in mattoni crudi. I mosaici della Foresteria dialogano con le numerose opere site specific disseminate nel parco di sette ettari.
E Achille Bonito Oliva: “La fondazione dovrebbe avere la funzione, detto senza ironia, di costringere gli artisti ad un soggiorno obbligato. Non basta cioè promuovere delle mostre trasportando quadri e sculture da un luogo ad un altro; sarebbe questo una funzione riduttiva rispetto al vuoto culturale in cui il sud si trova. Se invece si porta l’artista nel territorio, in maniera che questi produca la sua opera nell’impatto geografico e culturale che si trova a vivere, si può svolgere un lavoro molto più profondo e autentico. Singolarità di tale istituzione è la possibilità di presentare al pubblico opere non pervenute attraverso gallerie private, collezionisti, artisti ma specificamente pensate, progettate e realizzate per una loro precisa collocazione negli spazi dello stesso Museo. Per ciò, il Museo non intende solo proporre il recupero della potenziale cultura territoriale, ma facilitare al massimo la comprensione e la diffusione del suo nuovo messaggio culturale“.
La Cappella Sistina della Calabria è qui. E’ il Sogno di Giacobbe. Perché Giacobbe? Lo spiegava Nik stesso: “Giacobbe è l’uomo a me simile. Per sognare, vagare negli spazi dell’imprevedibile, alla ricerca del se e del mondo che ci circonda; l’amore, la lotta, il domani, l’infinito immaginario”. Giacobbe è l’uomo ossessionato dal doppio. Il suo gemello, le due mogli, le due serve, le due patrie, le due terre. Giacobbe è Nik e Nik è Giacobbe. È dedicato a Campanella, Il Sogno di Giacobbe, a Campanella utopista della Città del Sole e a Michelangelo, “ Astronauta della Sistina”.
Per arrivarci bisogna attraversare questo corridoio, ovviamente di legno, l’elemento archiettonico più naturale nel verde
Spiando dalle fessure di luce verticale che si aprono lungo le pareti, magnifici sguardi sulle antiche rovine che appassionarono Nick e Iske a tal punto da costringerli a restare qui per costruire il loro sogno d’arte e di vita. Si può dire che queste rovine siano l’anima del Musaba, il motore che ha acceso nella coppia il desiderio di crearlo.
Ed ecco, magnifica, la cappella Sistina di Nick Spatari: 240 mq di mosaici all’interno dell’ex Chiesa del complesso storico Santa Barbara