L’inizio è all’apparenza quello di un romanzo gotico, con una seduta spiritica ben presto smascherata. Segue un intermezzo con quadri di genere che combinano curiosamente realismo e aspetti quasi idilliaci. Lo sviluppo successivo ricorda invece il popolare romanzo d’appendice, con sorprendenti colpi di scena. In questa trama così articolata si inseriscono motivi di ordine etico e sociale, per esempio la consuetudine di porre forti limiti alla personalità giuridica della donna sposata, che non può disporre dei propri mezzi economici perché affidati legalmente al marito.
Il carattere proto-femminista del romanzo, pubblicato nel 1878, ha come protagonista la giovane Jane Swendon, dotata di un senso di giustizia superiore alle convenzioni sociali. La storia anticipa di diversi decenni alcune idee espresse dal cinema progressista degli anni ’30 e ’40 del Novecento. Si pensi ai film di Frank Capra È arrivata la felicità, Mr. Smith va a Washington o Arriva John Doe, in cui l’onesta semplicità della gente di provincia viene contrapposta alla vacuità dell’élitesociale e intellettuale delle grandi città e alla corruzione della politica.
Dall’introduzione: «Rebecca Harding Davis pubblicò una decina di romanzi e un gran numero di racconti (…). I temi da lei trattati sono però di grande interesse e mantengono anche oggi una loro attualità. Uno dei principali restò sempre quello della sofferenza delle classi povere all’epoca dell’industrializzazione selvaggia del paese (per esempio nel romanzo Margret Howth: a Story of To-day del 1862).
Fu anche molto sensibile alla condizione della gente di colore, che anche dopo la fine della schiavitù non aveva visto migliorare la propria condizione, per esempio in Waiting for the Verdict, scritto poco dopo la fine della guerra civile (1867), o in Kent Hampden (1892).
Altro tema molto sentito dall’autrice riguarda il contrasto tra i pregiudizi sociali e il senso di giustizia del protagonista (per esempio Dallas Galbraith del 1868). Simili contrasti appaiono in altre opere come John Andross (1874), Natasqua (1886), Doctor Warrick’s Daughters (1896) o nell’ultimo romanzo, Frances Waldaux (1897). Il tema delle utopie religiose, tanto diffuse allora come oggi negli Stati Uniti, è presente in Kitty’s Choice: a Story of Berrytown (1874). Lo ritroveremo con toni di decisa condanna nel romanzo che qui presentiamo: Una legge tutta sua (A Law unto Herself), del 1878. L’ultimo libro della Harding Davis, Bits of Gossip (1906), è una specie di biografia che più che la propria vita vuole presentare lo spirito dei tempi in cui l’autrice si è trovata a vivere, visti come circonfusi di un alone di nostalgia per un mondo meno dominato dalla fretta e dal desiderio di profitto.
In tutta l’opera di Rebecca Harding Davis è avvertibile la difesa delle classi sfavorite ed emarginate: i lavoratori sfruttati dall’ingordigia capitalistica di profitto, la popolazione di colore, gli immigrati, i nativi americani; e onnipresente è la lotta contro i pregiudizi sociali. Né meno importante è la sua difesa di un’altra categoria fortemente discriminata: le donne. Si può dire che l’opera letteraria di Rebecca sia quella di una proto-femminista. Si pensi a Margret Howth, a Frances Waldaux o al romanzo qui presentato: A Law unto Herself. Dal punto di vista letterario l’autrice può essere considerata l’antesignana del realismo americano, anche se permangono alcuni elementi dell’eredità romantica. Anche altri elementi della precedente tradizione letteraria sono presenti nell’opera di Rebecca, più o meno felicemente integrati nel contesto. Un aspetto d’indubbio realismo è in ogni caso costituito dagli elementi vernacolari e dialettali, soprattutto nei dialoghi tra i personaggi. Tuttavia, all’epoca della sua morte, nel 1910, Rebecca Harding Davis era ormai pressoché dimenticata. Fu soltanto all’inizio degli anni ’70 che venne riscoperta e rivalutata dalla scrittrice femminista e progressista Tillie Olsen, che mise in luce il valore letterario e il significato sociale delle sue opere».
Antesignana del realismo americano, pur nella permanenza di elementi dell’eredità romantica, Rebecca Harding Davis è stata riscoperta negli anni ‘70 dalla scrittrice femminista Tillie Olsen, che ha messo in luce il valore letterario e il significato sociale delle sue opere. Il suo racconto più noto è Life in the Iron-Mills, pubblicato nel 1861 in The Atlantic Monthly e apprezzato da Louisa May Alcott e Ralph Waldo Emerson. I temi ricorrenti della scrittrice sono le questioni sociali e politiche del suo tempo, la guerra civile americana, la questione razziale, la classe operaia e la condizione delle donne.