Che l’arte sia una componente vitale di Philadelphia, prima capitale della nazione, è stato chiaro sin dal ‘700, quando la città iniziò ad integrare l’arte nello spazio pubblico. Culla della democrazia -qui i Padri Fondatori degli Stati Uniti, nel 1776, firmarono la Dichiarazione di Indipendenza e, nel 1787, la Costituzione – Philly, come è affettuosamente chiamata dai suoi abitanti, oggi è una città modello per un particolare aspetto della democrazia: l’arte pubblica. Non vi proponiamo quindi il classico giro – Independence national historic Park, Liberty Bell, Indipendence Hall – ma un tour per scoprire come Philadelphia sia diventata meta di artisti da tutto il mondo proprio per la sua scelta, storica, di connettere il tessuto sociale con l’arte. Entriamo quindi nei gangli della città, dove l’arte pulsa, si nutre e si irradia.  

Storicamente tutto iniziò nel 1872, quando un gruppo di cittadini si organizzò in modo no profit, per commissionare opere d’arte da collocare in città: nacque cosi l’APA, il primo ente privato del paese dedicato all’arte pubblica. Ancora oggi,  commissiona opere originali e aiuta artisti e gruppi di comunità a lavorare insieme. Se in tante città d’Europa, ancora oggi, fare arte significa rischiare la fame, a Philadelphia diversi programmi pubblici, da decenni, spingono l’arte al centro della collettività e sostengono gli artisti, economicamente e culturalmente. Dal 1959, grazie al Percent for Art, ogni progetto di costruzione deve obbligatoriamente dedicare una percentuale del proprio budget  alla commissione di una nuova opera d’arte. Risultato:  più di 650 opere che si trovano in ogni angolo della città. Sculture su strade pubbliche, installazioni al soffitto di edifici pubblici e privati, dipinti che illuminano stazioni della metropolitana e insoliti giochi di luce. A ciò si aggiunse, dal 1984, Mural Arts Philadelphia: il più grande programma di arte pubblica della nazione che ha trasformato la città in capitale mondiale di questa arte. Sono quattromila le Mural Arts per la città, organizzate in forma tematica, ed hanno un grande valore sociale: l’arte viene unita a programmi anti violenza, di ricerca, educativi e di reinserimento sociale, di arte e contro la violenza razziale.    Spiega a Repubblica Jane Golden,  l’artista/educatrice direttrice esecutiva di MAP: “Siamo passati in poco tempo da un progetto di abbellimento della città ad un programma artistico riconosciuto a livello internazionale, con programmi di istruzione, riabilitazione e giustizia riparativa. Ogni anno vengono create circa 100 nuove opere d’arte, la maggior parte in collaborazione con i residenti invitati a unirsi agli artisti. Il programma coinvolge anche adulti e minori in carcere”. E’un modello che il Mural Arts Institute porta in altre città, per aiutarle a sviluppare le loro capacità e sostenere progetti di arte pubblica guidati dalla comunità e pratiche partecipative. “Lavoriamo con artisti, attivisti, pianificatori, organizzazioni, istituzioni culturali, governi municipali e altro ancora con l’obiettivo di innescare il cambiamento attraverso pratiche di arte pubblica partecipativa eque e accessibili”, spiega la Golden. Per aiutare le persone ad orientarsi nell’infinita quantità di arte pubblica a disposizione, l’Office of Arts, Culture and the Creative Economy ha pubblicato una guida alla Public Art, che può essere trovata online gratuitamente.

Foto di Anna Maria De Luca

Philadelphia continua ad essere pioniera di modelli di arte pubblica ed accessibile, a partire dalle  scuole d’arte – museo, altro punto nevralgico della città basata sull’arte. La più antica è la PAFA,  Pennsylvania Academy of fine Arts. Fondata nel 1805 da Charles Wilson Peale, da oltre duecento anni forma artisti di livello mondiale: educa emergenti da ogni parte del mondo a essere creatori innovativi e pensatori critici con una profonda comprensione delle tradizioni e la capacità di sfidare le convenzioni. Alla creazione e presentazione di opere d’arte innovative è dedicato il Fabric Workshop and Museum (FWM), museo d’arte contemporanea di fama internazionale che ha un programma Artist-in-Residence per promuovere la scoperta di artisti, garantendone l’accesso all’arte come catalizzatore per l’innovazione e la connessione sociale.  Si trova a pochi passi dalla Benjamin Franklin Parkway ed ospita una rinomata collezione di dipinti americani dal 1760 ad oggi.  

Ricordate la scala dove si allenava Rocky, nel film? Rocky è un po’ il simbolo cinematografico della città – per indicare che chiunque può avere successo con grinta e duro lavoro – ed ha una sua statua al Philadelphia Museum of Art (creata come supporto per una scena di Rocky III, fu donata nel 1982 da Sylvester Stallone alla città).  Lo riconoscete per il suo imponente aspetto neoclassico. Nei mesi scorsi il museo ha ospitato “River of Forms” importante mostra sostenuta dal Ministero della Cultura Italiano, nata da una donazione dell’artista italiano Giuseppe Penone: duecento disegni, 12 sculture e 21 incisioni e altri oggetti in onore della moglie, Dina Carrara.  A tenere forte il legame tra Philadelphia e Italia ci pensa il curatore del museo, Carlos Basualdo, che è stato anche curatore del Maxxi di Roma.  

foto di Anna Maria De Luca

I musei a Phillly si trovano lungo la Museum Miles: oltre al Philadelphia Museum of Art – che custodisce più di 2000 anni di arte,  la più grande e importante collezione al mondo di opere di Marcel Duchamp e la più grande collezione di sculture di Constantin Brancusi al di fuori dell’Europa – troverete il Museo Rodin; l’Accademia di Scienze Naturali della Drexel University che è il più antico museo di storia naturale delle Americhe, molto impegnato nella ricerca sulla biodiversità e la sostenibilità; l’Istituto Franklin, fondato nel 1824 per ispirare passione verso la scienza in modi creativi e coinvolgenti, con le sue 12 mostre permanenti (tra cui Your Brain), un cuore gigante, il Planetario Fels, un teatro IMAX e molto altro.

foto di Anna Maria De Luca

“Imprescindibile” a Philadelphia è la fondazione Barnes: è la più grande collezione privata al mondo di capolavori impressionisti e post-impressionisti. Il suo fondatore, il dottor Albert C. Barnes, decise di investire cosi la ricchezza accumulata con il suo antisettico al nitrato d’argento per prevenire la cecità neonatale.  Da un secolo, spinge l’arte come potente agente per l’apprendimento, la crescita personale e il progresso sociale.   Spiega a Repubblica Thom English, direttore esecutivo della fondazione: “Da cento anni insegniamo a persone di ogni ceto sociale a pensare in modo critico e a vedere il mondo in modo diverso attraverso l’arte all’interno delle nostre gallerie. Ora, con la nostra tecnologia innovativa e di facile utilizzo, siamo in grado di portare il nostro metodo di insegnamento unico in tutti gli angoli del mondo in un’esperienza singolarmente coinvolgente”.     

Continuando sulla Museum Miles troverete il Parco Fairmount – duemila acri verdi,  63 parchi individuali, innumerevoli sentieri, più di 200 edifici storici, un’impressionante collezione di arte pubblica e il primo zoo del paese – e Shofuso Japanese House and Garden, costruito in Giappone nel 1953 e trasferito a Filadelfia sul sito di diverse precedenti strutture giapponesi, mantenute ininterrottamente dall’Esposizione del Centenario del 1876.  E, per i più piccoli, il Please Touch Museum, ospitato nella Memorial Hall, l’ultimo grande edificio rimasto dall’Esposizione del Centenario del 1876. E ancora: Moore College di Arte e Design, fondato nel 1848 come il primo e unico college femminile di arti visive della nazione, nato per preparare le donne a lavorare nei nuovi settori creati durante la rivoluzione industriale (oggi comunità di importanti artisti regionali, nazionali e internazionali, aperto al pubblico gratuitamente).

Altro segno della democrazia di Philly, sempre sulla Museum Miles, la biblioteca istituita nel 1891 dal medico William Pepper Jr. che volle realizzare “una biblioteca generale gratuita per tutti”. Dopo essersi spostata in diversi luoghi della città, dal 1927 si trova nel grande edificio Beaux-Arts in Logan Square, progettato da Julian Abele, che ricorda gli edifici di Place de la Concorde a Parigi. Le collezioni speciali includono un dipartimento di libri rari (con una delle collezioni di Charles Dickens più famose al mondo), la più grande libreria di prestiti orchestrali al mondo e un’ampia raccolta di ricerche di letteratura per bambini pubblicata dopo il 1836.

Tra la tra la 18th Street e la Benjamin Franklin Parkway trovate la cattedrale di San Pietro e Paolo, la più grande chiesa cattolica della Pennsylvania, costruita tra il 1846 e il 1864 sul modello di San Carlo al Corso, a Roma. In occasione della visita di papa Francesco, nel 2015, fu portata qui  la scultura Amor di Robert Indiana, a pochi isolati a ovest dalla scultura LOVE sulla Ben Franklin Parkway, tra le più “instagrammate” dai più giovani.

Tempio della ceramica, dal ’74,  è The Clay Studio, istituto senza scopo di lucro. Qui gli artisti imparano, lavorano e vengono pagati. Nella nuova sede di South Kensington, 34mila metri quadrati al 1425 North American Street, incontriamo la direttrice e curatrice Jennifer Zwilling, di origini italiane: “Siamo uno spazio  in cui artisti provenienti da tutto il paese e da tutto il mondo coltivano le loro carriere, una comunità inclusiva e vivace in cui persone di ogni estrazione, età e livello di abilità possono imparare, connettersi e creare arte fianco a fianco.  Qua gli artisti arrivano, imparano, creano e poi espongono le loro opere. Philadelphia è un’ottima città per gli artisti, sicuramente migliore di Washington o Boston o New York per artisti che vogliono crescere ed affermarsi: Philadelphia offre loro molte possibilità e molto sostegno”. Lo spirito democratico di Philadelphia corre sull’arte.

Anna Maria De Luca

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