Il Commissario europeo per gli affari economici e monetari Paolo Gentiloni ha aperto oggi, 10 maggio, l’evento “Europe’s Future: Investing in the Climate Transition for All” organizzato da ECCO, il think tank italiano per il clima e dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2024.
Dall’incontro è emersa la necessità di stimolare un rapido aumento degli investimenti per la transizione, al fine di affrontare il rischio che il cambiamento climatico determini degli impatti sociali ingestibili, danneggiando lo stock di capitale e colpendo la maggior parte delle attività economiche. Potenziare gli investimenti nella transizione energetica aprirebbe, al tempo stesso, un’opportunità irripetibile per accelerare l’innovazione, a favore di un’ampia e sistemica trasformazione delle catene del valore globali. In questo modo si attiverebbero economie di scala funzionali all’abbassamento dei prezzi, rendendo accessibili a un’ampia maggioranza della popolazione i beni e i servizi a zero emissioni, con benefici sulla riduzione di disuguaglianze e povertà.
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Nel suo keynote speech iniziale, il Commissario europeo per gli affari economici e monetari, Paolo Gentiloni, ha affermato che: “L’anno scorso le emissioni nell’Unione Europea sono calate del 15,5% rispetto al 2022, anche grazie alle politiche del Green Deal e alle risorse messe in campo con NextGenerationEU. Un risultato che deve incoraggiare a guardare ancora con più impegno agli obiettivi di riduzione delle emissioni per il 2030 e oltre, senza dimenticare i criteri di equità e solidarietà per una transizione che sia, appunto, a vantaggio di tutti.”
Al fine di aumentare l’azione climatica, ECCO e ASviS hanno auspicato ci sia maggior coordinamento internazionale e venga progettato un nuovo sistema di governance economica volto a perseguire risultati più equi, sottolineando le difficoltà legate al peggioramento del contesto geopolitico, modellato da vecchi e nuovi conflitti, dal confronto strategico tra Stati Uniti e Cina e dalla crescente sfiducia tra l’Occidente e il Sud del mondo. È stato inoltre ribadito che, per avere successo, i benefici degli investimenti sul clima dovranno essere distribuiti in modo più uniforme in tutto il mondo, invertendo la situazione attuale in cui le economie emergenti sono alla ricerca di investimenti produttivi mentre molti Paesi sotto pressione per il debito soffrono di spazi fiscali limitati.
Luca Bergamaschi, Direttore e Co-fondatore di ECCO, il think tank italiano per il clima, ha evidenziato che “La sfida climatica è diventata una sfida tecnologica e di competitività a cui non ci si può sottrarre, pena l’emarginazione internazionale e l’impoverimento economico e sociale. Italia ed Europa devono investire moltissimo, in primis a casa loro. Tuttavia, con l’attuale Patto di Stabilità e Crescita i singoli Paesi, e tantopiù l’Italia, avranno pochissimo spazio fiscale. La via d’uscita finanziaria e legale esiste già: dare continuità all’esperienza del Next Generation EU, che ha dato vita al PNRR, attraverso un Fondo dedicato per il clima e l’energia fino al 2050. Nell’anno della Presidenza italiana del G7 e della presentazione del Piano Mattei, Italia ed Europa devono aumentare gli sforzi per mobilitare la finanza necessaria per garantire investimenti adeguati nei Paesi in via di sviluppo e a basso reddito, in particolare per quelli africani, attraverso un incremento di fondi concessionali, a partire dal Fondo IDA di Banca Mondiale, e dalle riforme del debito e delle regole delle Banche multilaterali di sviluppo.”
Gli investimenti climatici rappresentano una delle principali fonti di vantaggio competitivo a lungo termine. È di fondamentale importanza che la questione sia al centro del dibattito politico in vista delle elezioni europee e del vertice del G7 di giugno, come proposto tra l’altro nel Rapporto ASviS “Scenari per l’Italia al 2030 e al 2050. Le scelte da compiere ora per uno sviluppo sostenibile” presentato a Ivrea in apertura del Festival dello Sviluppo Sostenibile.
“Il Rapporto dell’ASviS indica con chiarezza che l’Italia deve cogliere la transizione energetica come occasione per fare innovazione a tutto campo. Chi vuole rinviare la transizione in nome dei costi da subire nei prossimi anni per realizzarla successivamente in realtà punta a scaricare sui più deboli e sulle generazioni future i danni dell’inazione – ha affermatoil Direttore scientifico dell’ASviS, Enrico Giovannini – Aumentare in modo sensibile gli investimenti pubblici e privati per realizzare una decarbonizzazione ‘trasformativa’ richiede un forte impulso a livello nazionale ed europeo. L’esperienza del Next Generation EU, con l’emissione di debito comune, va migliorata e resa permanente, così da creare una capacità fiscale europea di dimensioni analoghe a quelle di Stati Uniti, Cina e altri grandi player internazionali per rendere l’Europa competitiva e capace di realizzare uno sviluppo sostenibile da tutti i punti di vista, compreso quello sociale”.
L’Unione europea ha adottato obiettivi climatici ambiziosi. A seguito della pandemia di Covid-19 e dell’invasione russa dell’Ucraina, l’Ue ha mobilitato una quantità significativa di denaro pubblico per rispondere a questi shock e promuovere una ripresa verde tramite Next generation Eu (Ngeu). Tuttavia, ci sono questioni strategiche chiave che restano da definire, come il completamento dell’Unione bancaria e del mercato dei capitali.
Gelsomina Vigliotti, Vicepresidente della Banca Europei per gli investimenti (BEI), ha sottolineato “l’importanza di eventi come quello di oggi organizzato da ECCO e ASviS per promuovere l’azione climatica. La BEI, la banca del clima dell’Unione europea, con il suo impegno finanziario e tecnico catalizza investimenti privati e pubblici verso progetti che generano un impatto tangibile sull’ambiente e sulla società, contribuendo a costruire un futuro più verde e resiliente per le generazioni future.”
In Europa, le nuove regole fiscali costringeranno la maggior parte dei membri dell’Ue a perseguire aggiustamenti fiscali restrittivi, mentre la persistenza dell’inflazione sta riducendo gravemente la capacità della Banca centrale europea di gestire la liquidità del sistema. I vincoli fiscali saranno particolarmente restrittivi per Paesi come l’Italia, che soffre di elevati livelli di debito e deficit.
I DATI
A livello globale, serve una nuova visione coordinata e inclusiva per reimmaginare l’economia globale in modo più giusto. L’azione per il clima richiede investimenti senza precedenti per un arco di tempo ben oltre l’orizzonte di Ngeu (2026). Per raggiungere lo zero netto entro il 2050 sono necessari sforzi di investimento a livello dell’Ue pari ad almeno il 3-4% del Prodotto interno lordo (Pil) all’anno. La finanza privata deve garantire un flusso sostanziale di investimenti sostenibili, ma una quota significativa pari all’1-1,5% del Pil all’anno devono provenire da fonti pubbliche. A livello globale, entro il 2030 nelle economie emergenti (Cina esclusa) saranno necessari 2,4 trilioni di dollari per investimenti legati al clima, un aumento di quattro volte rispetto ai livelli attuali. Ciò include un aumento di 15 volte della finanza privata internazionale rispetto ai livelli attuali.
Con una rivoluzione economica verde globale in corso, se l’Europa non aumenta in modo significativo i propri investimenti sul clima rischia di trovarsi impreparata a una concorrenza globale sempre più dura. Parallelamente, se l’Europa non sostiene la mobilitazione degli investimenti climatici nelle economie emergenti, non sarà in grado di ricostruire la fiducia tra i paesi e nel multilateralismo.
UN FONDO SOVRANO EUROPEO PER LA TRANSIZIONE
L’evento è stata anche l’occasione per la presentazione di un nuovo studio ECCO sulla costituzione di un fondo sovrano europeo dedicato all’energia e al clima. Nello studio si evidenzia che tal fondo sia legalmente e tecnicamente fattibile e dovrebbe rappresentare un tema dirimente del dibattito politico, soprattutto nella prospettiva della prossima elezione del Parlamento europeo e del rinnovo della Commissione. Il definanziamento del Green Deal che deriverebbe dalla rinuncia a dare continuità alla fruttuosa esperienza del NGEU non solo depotenzierebbe la possibilità di mitigare la minaccia climatica, ma comprometterebbe il posizionamento competitivo dell’Europa (e ancor più dell’Italia) nel contesto mondiale, indebolendone strutturalmente il potenziale di crescita di lungo periodo.
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