Che la sanità calabrese sia un problema per tutta Italia è un dato ormai più che noto, oggetto di inchieste giudiziarie e giornalistiche da diversi anni. Carlo Guccione, responsabile sanità del PD per il Sud Italia, alla formazione, alle attività produttive e alle politiche sociali, nel libro “Amara verità” (Pellegrini editore) indaga le responsabilità dello Stato nelle ingiustificata voragine del debito sanitario calabrese in un sistema i cui livelli essenziali di assistenza sono scesi a 125, quindi abbondantemente al di sotto della soglia di adempienza. Livelli che non sono mai stati così bassi così come disavanzo sanitario.

Tra inadempienze normative, scelte abusive, diseconomie gestionali, Guccione delinea una analisi lucida delle responsabilità accumulate dallo Stato nel corso dei dodici anni di fallimentare gestione commissariale, ripercorrendone la storia. La Calabria è ultima negli screening oncologici ma prima per numero di migranti della salute. Al commissario vengono attribuiti poteri aggiuntivi, in base al decreto Calabria, con il risultato di spodestare la Regione dalla gestione della sanità per 18 mesi, termine poi prorogato con un nuovo decreto approvato in un Consiglio dei Ministri straordinario che si tenne il 18 dicembre 2009 a Reggio Calabria. Diciotto mesi di tempo per rianimare la sanità calabrese. In che modo? Continuando sulla stessa strada, attribuendo potere al commissario ad acta senza però risolvere o attenuare alcuna emergenza. Inizia così il valzer dei commissari, dal generale dei carabinieri in pensione, Severo Cotticelli, che venne licenziato il 7 novembre del 2020 dall’allora premier Giuseppe Conte perché mancava un piano covid per la Calabria, nonostante fosse la prima regione a diventare zona rossa, non per l’ elevato numero di contagi ma per la mancanza di posti letto in terapia intensiva se ub intensiva.

Cotticelli diventa così capro espiatorio della sanità calabrese. Il Governo convoca un Consiglio dei Ministri notturno, il 7 novembre 2020, dal quale esce il nome di Giuseppe Zuccatelli che il 16 novembre lascia l’incarico ed è così la volta dell’ex rettore dell’università La Sapienza, Eugenio Gaudio, cosentino di nascita, Ma anche Gaudio lascia e l’intera Italia si accorge di quanto sia drammatica la situazione della sanità calabrese dove il diritto alla salute non esiste ed un calabrese su cinque va a curarsi al nord: un esodo che costa oltre 320 milioni di euro all’anno.

Mentre a Roma si cerca l’ennesimo commissario, in Calabria si registra un nuovo record di contagi e di morti e così sbucano i nomi di altri quattro commissari, esce fuori pure il nome di Gino Strada, fino ad arrivare al prefetto Guido Longo che resterà al comando per un anno, per poi passare il timone. Fino a che il ruolo del commissario passa al Presidente della Regione. In realtà il commissariamento risale al 2007.

Decenni passati a pagare il prezzo degli errori che partono da lontano, ma a pagare sono sempre i cittadini. Possibile, si chiede l’autore, che nessuno abbia saputo fare controlli e nessuno sia riuscito a risolvere le problematiche gravissime che si sono consolidate, a partire dal debito fuori controllo? Come scrive La Corte dei Conti nel 2020, è impossibile certificare un bilancio perché l’ultimo bilancio sanitario consolidato è relativo al 2014.

La Regione non ha effettuato una ricognizione dei debiti verso i fornitori che monterebbero a un miliardo 50 milioni e 920.000 euro. Anche l’ipotesi di stralciare il debito sanitario della Calabria è impraticabile perché per stracciarlo bisognerebbe conoscerne l’ammontare. Nessuno oggi è in grado di conoscerne la cifra. Carlo Guccione ha fatto i conti e secondo lui il debito si aggirerebbe, rimanendo prudenti, intorno ai 2 miliardi e mezzo di euro cioè il doppio o il triplo rispetto a quello del 2009.

Ogni anno lo Stato trasferisce circa tre miliardi e mezzo di euro per la gestione del servizio sanitario regionale. L’autore propone che almeno i debiti maturati in questi dodici anni vengano assunti dal Governo centrale, magari attraverso un meccanismo che serve a migliorare le prestazioni da erogare, svincolando qualche parametro restrittivo di bilancio. Questa potrebbe essere la strada iniziale per provare a porre rimedio ad una evidente ingiustizia

Il libro di Guccione merita davvero di essere letto per comprendere la situazione della sanità calabrese, un ginepraio antico dove è facile perdere il filo. Anticipiamo solo i titoli degli ultimi tre capitoli: “E’adesso il tempo per una vera riforma sanitaria”, “Lo Stato è in debito con la Calabria”, “Il grande inganno”. “Chi ha paura di calare per davvero le carte in tavola?”, chiede Guccione.

“È questa la grande questione. Il nostro contributo – conclude l’autore – si ferma qui ma continueremo a lavorare per conoscere e rendere pubblica la verità. Quella reale. Una cosa però è certa: lo Stato ha grosse responsabilità per quanto è accaduto ma soprattutto è in debito con la Calabria”

Anna Maria De Luca

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