Sarà presentato il 5 settembre allo Spazio Ente dello Spettacolo, all’interno del Premio Starlight International Cinema Award Miss Agata, il corto scritto, co-diretto e interpretato da Anna Elena Pepe, che vede nel cast anche Andrea Bosca, Chiara Sani e Yahya Ceesay.
Il corto, inoltre, riceverà anche il Premio per la miglior sceneggiatura.
Reduce da un lungo e apprezzato tour che ha visto il film presente in importanti Festival come lo Short Film Market del Clermont – Ferrans International Film Festival, il Golden State Film Festival di Los Angeles o, ancora, il Queens Underground Black History Month Film Festival, Miss Agata è co-diretto da Sebastian Maulucci, scritto dalla Pepe con Nicola Salerno e prodotto da Ladybug Crossmedia (Italia) e Tabit Films (Inghilterra) in una co-produzione italo-inglese.
La pellicola è una comedy drama che racconta la storia di Agata (Anna Elena Pepe), una donna di poco più di trent’anni dall’apparenza un po’ maldestra e buffa ma che invece nasconde un passato difficile. Alex (Andrea Bosca), infatti, l’ex fidanzato violento, continua a tormentarla nella totale indifferenza delle istituzioni, costringendola a cambiare città per sfuggirgli. Agata nel suo cammino incontra Nabil (Yahya Ceesay), un richiedente asilo gambiano, un possibile principe azzurro che lei non è pronta a vedere nella luce giusta..
Utilizzando gli espedienti narrativi e stilistici tipici del black humor inglese, l’autrice affronta il difficile e sempre più attuale tema della violenza sulle donne, affrontandolo però da un punto di vista singolare. Miss Agata è la storia di una “vittima imperfetta” che non è più capace di vedere la realtà e agire in modo lucido.
“Sono davvero felicissima di questo premio – commenta Anna Elena Pepe – e ringrazio la giuria del Premio Starlight per aver capito in profondità il mio film. Avere un percorso festivaliero che culmina a Venezia e con un premio prestigioso come Miglior Sceneggiatura è davvero un sogno che diventa realtà! Non era scontato riuscire a trattare un tema complicato come la violenza di genere e in particolare il disturbo da stress post traumatico che ne deriva usando la dramedy..Io credo però che raccontare una storia molto tragica ma usando qua e là delle tinte di humour possa essere la chiave per far arrivare un messaggio in profondità, un po’ come si faceva nella commedia italiana di una volta. Durante il percorso festivaliero di questo film sono stata avvicinata da molte donne (vittime purtroppo di abuso), che mi hanno detto di essersi riviste in Agata, di aver riso e pianto con lei, ma soprattutto di essersi sentite capite. E questo per me è stato il traguardo più grande”.