Da aprile a giugno 1902, la Secessione viennese presenta come parte della sua XIV Mostra un omaggio a Ludwig van Beethoven. L’attrazione principale della mostra è una scultura di Beethoven scolpita in marmo colorato da Max Klinger. Inoltre, venti artisti della Secessione – tra cui Elena Luksch-Makowsky come unica artista – idearono contributi originali, in particolare fregi e rilievi murali. Alfred Roller sviluppa il concept della messa in scena, mentre il design degli interni viene affidato a Josef Hofmann.
È di Gustav Klimt il contributo più sensazionale con un fregio murale lungo più di 34 metri, che si estendeva per un’altezza di circa due metri su tre pareti di una stanza laterale. Klimt sviluppa un complesso programma di immagini che può essere visto come un’interpretazione visiva della Nona Sinfonia di Beethoven.
L’importanza del fregio di Beethoven per l’opera artistica di Klimt non è sopravvalutata: Klimt raggiunge qui per la prima volta un monumentale isolamento delle figure; la linearità come elemento progettuale autonomo raggiunge il suo primo culmine. È davvero una fortuna enorme che il fregio di Klimt non sia stato demolito dopo la mostra di Beethoven – come i murali di altri artisti – e che sia stato conservato per i posteri. Il fregio, faticosamente rimosso dal muro, finisce nelle mani di committenti privati. Negli anni ‘70 viene venduto alla Repubblica d’Austria e, dopo anni di restauri, trova la sua definitiva dimora nei sotterranei del palazzo della Secessione viennese, dove è possibile ammirarlo ancora oggi.
Le foto che vedete sono stata scattate nella mostra in corso nel Museo di Roma che ne ripropone una riproduzione
Sempre sulla mostra nel Museo di Roma: