La storia di Anna Baches è ricca di colori, curve e rettilinei, è piena di incontri escontri prima di tutto con se stessa. Il suo cammino è cominciato nell’84 a Houstonnel Texas, la terra dei cowboys che poi è diventata terra di petrolio affamata di arte e cultura.

Anna Baches ha vissuto negli Stati Uniti fino ai 4 anni per poi spostarsi in Italia. Ha sentito sulla pelle Firenze, poi Roma dove ha studiato recitazione a Cinecittà. Con una valigia enorme ma quasi vuota ha raggiunto New York per poi spostarsi a Londra. Oggi vive a Cagliari, nell’antica terra dei Nuraghi. Il suo talento artistico è a tutto tondo: canta, dipinge, recita, scrive produce e dirige. La ferisce il mondo intorno a tutto questo perché la sua sensibilità è immensa, troppa. Lo si vede nei suoi lavori, un universo che attira come un pianeta attira i suoi satelliti.

Oggi Anna ha un marito, due figli e la notte per dedicarsi alle sue intuizioni artistiche. Ha preso molto in regalo dal padre, artista grafico molto apprezzato in America, che oggi nonc’è più a causa di una terribile malattia. Da piccola restava al suo fianco e cercava diimitare i gesti e le tecniche che lui usava per creare le sue produzioni.

Col passare del tempo e con la distanza grazie a internet i due sono riusciti a continuare a scambiarsi idee e know how fino all’ultimo istante. Ha un gran bel bagaglio di vita Anna, nonostante la giovane età.

A Roma, per tre anni, tra ore di recitazione, studio eaudizioni hai seguito le lezioni di grandi sceneggiatori come Scarpelli.

Ha fatto qualche comparsata in serie di successo come “Un medico in famiglia”,e poi?

Dopo Roma mi sono trasferita a New York dove sono stata ammessa a frequentare laprestigiosa American Academy of Dramatic Arts, quella che ha sfornato artisti delcalibro di Robert Redford e Lauren Bacall e dove ho conosciuto mio marito, unapersona meravigliosa, un amico prima di tutto e un grandissimo talento. Sulla Madison Avenue, tra le mura della scuola ho respirato le vite e l’immaginazione infinita di grandi artisti ma anche di giovani talenti alle prime armi, anche loro conuna gran bella storia alle spalle e la passione per il cinema e il teatro. Ho dedicato tempo a capire le basi e i diversi settori del mestiere, dalla scenografia alla creazionedei costumi. Passavo tante ore della notte a disegnare le storyboard delle produzioni in cui facevo parte del cast e a studiare il mio personaggio per capirlo nell’anima. I miei libri di recitazione sono pieni dei loro ritratti. Far parte di quella famiglia mi riempiva di gioia ed energia. E al di fuori c’era New York, le sue strade piene ditutto, davvero di tutto, nel bene e nel male. Vivevo a China Town e ho imparato tanto anche solo osservando la vita che ruota intorno a quel quartiere.

Da New York a Londra. Una scelta un po’ strana per chi vuole fare cinema, noncrede?

La famiglia di Ralph, mio marito, è inglese, del Kent. Volevamo provare a sfondare a Londra. È stata un’esperienza durissima. Abbiamo avuto un grave lutto in famiglia, alle audizioni chiedevano un accento British perfetto e davano punti in più aiconnazionali che avevano studiato in patria, comprensibilmente. Si arrivava sempresecondi con tanti complimenti e un “grazie, alla prossima”. Abbiamo accumulato tanta sofferenza e tante delusioni ma anche gioia per la nascita del nostro primogenito. Londra è una città magnifica, multietnica e culturalmente moltogenerosa ma noi eravamo stanchi di girare a vuoto. Per questi motivi, dopo cinqueanni, abbiamo deciso di andare a vivere in Sardegna, la terra di mia mamma, l’Isolamagica del Mediterraneo dove ho vissuto un pezzo importante della mia vita di bambina.

Il bilancio londinese è comunque positivo dal punto di vista della sua formazione artistica?

Insieme ad alcuni amici dell’AADA di New York che si erano trasferiti a Londra abbiamo messo su uno spettacolo nella West End, il quartiere dello spettacolo. Misono divertita molto anche se il lavoro era pesante ma ho notato che ciò che più miaveva dato soddisfazione era stato creare il set ed i costumi. Non stavamo mai fermi,cercavamo in tutti i modi di trovare la strada del successo. Abbiamo fondato ancheuna casa di produzione che ha messo in scena diversi lavori interessanti e con critichemolto positive. Ma proprio la grande difficoltà a trovare un ruolo da interpretare sul palco o davanti alla cinepresa è stato lo stimolo a capire quale fosse in realtà la mia strada giusta. Ho cominciato a lavorare da casa. Ordinavo via internet tutto ciò chepoteva servirmi per produrre arte. Non erano arnesi e attrezzi di gran qualità ma a meimportava poco perché volevo disegnare. Sentivo la necessità di usare i pennelli. E per completare la formazione mi sono iscritta alla Regents University dove hofrequentato la facoltà di produzione e sceneggiatura. Non ho completato gli studiperché aspettavo il mio primo figlio. L’idea era quella di scrivere, produrre e dirigereil mio film. È lì nel cassetto e parla della mia Sardegna.

Sono cresciuta vedendo Londra e la Gran Bretagna nei film che ho amato di più: Mary Poppins, Winnie the Pooh, Peter Pan, Love Actually. Come si fa a non amare quel Paese, nonostante tuttele sue contraddizioni. Il centro di Londra arricchisce, conquista, ipnotizza con i suoimusei, le sue gallerie d’arte, gli artisti di strada che in tanti casi sono uno spettacolounico e gratis. Quella città ha una linfa vitale prodigiosa. E’ la terra di personaggicome Shakespeare e Sting, tanto per lanciarsi un’iperbole storica. Ricordo che mentremio marito girava le riprese di un film di Kevin McDonald (The Eagle of the Ninth), anziché restare sul set mi sedevo davanti al Big Ben e ne tracciavo il suo profilo sulmio taccuino da disegno. E’ incredibile la perfetta semplicità di quella torre con il suoorologio famoso.

Ci sono emozioni che solo le grandi metropoli sono in grado didarti. Pensiamo a Banksy e alla sua Street Art. Cammini su una strada grigia,circondata da pareti in pietra grigie e improvvisamente ti appare davanti agli occhiun’opera di Banksy, che sia la bimba che osserva il suo palloncino a forma di cuorevolare via o l’uomo che cancella la scritta Eternity con una spugna. E’ un dono per lamente, per il tuo benessere fisico e psichico. Vivere in una grande città per me ècome quando sei su un treno veloce, le immagini passano davanti ai tuoi occhi come in un film a fotogrammi accelerati mentre tu vai avanti sano e salvo e sapendo che arriverai alla tua meta. E’ una ricerca interiore che in centri come Londra trova unosfogo importante.

Il suo rapporto vero con l’arte grafica quando comincia?

Devo tornare un pò indietro. Durante il mio periodo romano guardavo moltissimifilm. Apprezzavo molto Johnny Depp e ho voluto approfondire la sua storia. Era unnomade, il fratello maggiore ha avuto una grande influenza nella sua formazione, crescita e amore per la musica ma soprattutto leggeva, leggeva gli scrittori americanie fra questi c’era Allen Ginsberg che sono subito andata a cercare nelle librerie della Capitale.

Mi sono ritrovata nel mio piccolo appartamento vicino a Piazza SanGiovanni, a vivere in un pianeta solitario e affascinante, circondata dal profumo disigarillos alla vaniglia, con film classici a tenermi costante compagnia mentre disegnavo e pitturavo su tele, cartoni, tovaglioli, pagine di libri. Non riuscivo asmettere di trasmettere i miei pensieri più profondi su qualsiasi materiale me loconsentisse.

Com’erano i suoi lavori dell’epoca? Come definirebbe lo stile?

Si chiama Neo-espressionismo ed è una forma impulsiva. I miei sentimenti, le mieriflessioni, i miei credo si materializzano. Non si tratta di bellezza o di perfezione, tanto che a Roma lavoravo senza utilizzare la matita ma direttamente pennello eacquarelli. Mi sono lasciata conquistare dalla intuizione di Jean-Michel Basquiat diinserire nell’opera parole chiave: a volte sono graffiti, altre semplici sostantivi oaggettivi che però sono indecifrabili. Mi chiedevano sempre che cosa avessi scritto inun mio quadro nell’altro e nell’altro ancora ma rimane tutt’oggi un segreto, tranne che per i miei due bambini. E’ un po’ come la fisarmonica di Bob Dylan che riesce a farti provare qualsiasi tipo di emozione senza presunzione alcuna, lasciandoti liberodi viaggiare con la tua mente collegandola al tuo cuore. A volte si tratta di sensazionipositive, altre no.

Qui entra anche la musica, se non sbaglio, ispirazione fondamentale nei suoidipinti e non solo.

Sì, e vero. Dopo Roma sono rientrata a Cagliari per un breve periodo per imparare astare dietro la telecamera. Ho girato diversi documentari e cortometraggi in veste diregista oltre che sceneggiatrice e produttrice. Però, la notte, tutta la notte, dipingevo eascoltavo Bob Dylan. Mi piaceva tantissimo tanto che ogni settimana, quando ancorai negozi di dischi erano facili da trovare, andavo a comprare un suo LP.

Facevo finta che fosse appena uscito e disco dopo disco sono riuscita ad ascoltare e imparare tuttele sue canzoni. Fra queste mi ha colpito Hurricane, canzone stupenda anche se con un errore . . . attualissima anche oggi. Un pugile di colore viene accusato di un omicidioche non ha commesso. Ho studiato a fondo il suo caso giudiziario. Il passo successivoè stato convincere mia mamma a lasciarmi dipingere un murales nel vestibolo diquattro pareti che porta alle camere da letto della nostra casa.

L’appartamento oggi è mio e di mio marito e io mi diverto a portare gli ospiti in quello spazio colorato perfargli vivere l’esperienza di Rubin Carter.

Ma la Sardegna, artisticamente parlando, è una terra difficile per emergere?

Per alcuni versi sì, ma è talmente ricca di persone di grande talento che se ti fermi perun istante e ti guardi intorno vedi arte dappertutto. Per me è una cosa strana, nel sensoche inizialmente per me non era casa, non la sentivo come la mia terra. Ho semprepensato a Houston come la mia città, fino a che, qualche tempo fa ho ritrovato iquaderni su cui scrivevo da piccola e ho riletto le parole di amore infinito per questo luogo.

Allora mi sono ricordata i tanti momenti di malinconia che mi stringevano il cuore quando ero lontana. Non ho mai staccato il cordone ombelicale con questopezzo di terra in mezzo al mare, il mare più bello del mondo. Io credo sinceramenteche le piattaforme disponibili attualmente, come Instagram per citarne una, sianoormai delle gallerie d’arte senza confine. Si può ottenere una enorme visibilità, nonimporta il luogo in cui uno fisicamente si trovi. Ci sono tantissime realtà artistiche sarde, soprattutto nel nord dell’Isola. Si tengono informate su come si muove il mondo e cercano di capire come funziona oggi il vivere d’arte. E’ anche vero che gli artisti sardi devono faticare un po’ di più per farsi conoscere ma il modo per emergereprima o poi si trova. Un artista sardo che si chiama Manu Invisibile e che tienenascosta la sua identità ha “autografato” con la sua Street Art gran parte dei muri edelle strade della Sardegna. Tutti noi lo conosciamo per il suo lavoro in cui esprimeanche le sue opinioni sulla società e sul mondo però non sappiamo che aspetto fisico abbia. E’ riuscito a trovare il suo spazio con successo. Io ho creato il mio sito web, lamia pagina instagram. Si chiama Colorsof84 se qualcuno fosse interessato.

E adesso Anna, adesso che sta facendo, dove la sta portando questa vita?

Intanto mi sto divertendo moltissimo. Ho ricominciato a dipingere ogni giorno, a volte ogni notte e faccio quasi tutto in digitale. Mi affido alle tecniche che mi hainsegnato mio papà. Ho finalmente trovato il posto dove stampare i miei lavori comepiace a me e anche un corniciaio eccellente, Gianni Aresu, con il quale ci capiamo benissimo. Qui l’ispirazione è uno stato d’animo costante. Credo ci sia molto di piùnel popolo sardo di ciò che si conosca o percepisca. La gente sarda ha un senso d’humor sorprendente, è un popolo ribelle, forte e molto coraggioso ma soprattutto immensamente innamorato della sua Terra. Siamo in sofferenza continua per lagestione delle cose della vita quotidiana, per la mancanza di opportunità di lavoro, per gli abusi da parte di imprenditori senza rispetto ma non ci arrendiamo. Dobbiamo trovare il modo per uscire da questo stallo e io con la mia arte voglio collaborare econtribuire a creare un buon futuro per noi e per quelli che verranno.

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