Uno spettacolo intenso e drammatico diretto da un bravissimo Alessandro Gassman: Fronte del porto trasferisce il classico di Budd Schulberg nella Napoli di quaranta anni fa. Protagonista Daniele Russo che era stato già diretto da Alessandro Gassman in Qualcuno volò sul nido del cuculo.
Avete tempo fino al 15 dicembre per vedere al teatro Argentina questa opera dalla forte carica emotiva e sociale. Un lavoro che incolla lo spettatore alla poltrona, senza cadute di tensione e che riporta in scena, in chiave nuova, l’omonima opera cinematografica. Scene di Alessandro Gassmann, costumi di Mariano Tufano, luci Marco Palmieri, videografie Marco Schiavoni, musiche Pivio e Aldo De Scalzo, sound designer Alessio Foglia, aiuto regia Emanuele Maria Basso.
Alla base del pluripremiato film con Marlon Brando diretto da Elia Kazan (otto Oscar nel 1954) , lo ricordiamo, una serie di articoli riguardanti numerosi delitti al porto di New York, articoli che avevano fatto vincere il premio Pulitzer a Malcom Johnson nel 1951. Alessandro Gassman riprende con coraggio il tema, oggi attuale e urgente, tinteggiandolo con forte realismo e momenti di lirica dolcezza in una Napoli di cruda miseria umana. Affascinante l’affondo nelle pieghe dei sentimenti e delle emozioni, grande l’empatia che suscita, bravissimi gli attori.
Lavoratori, sottopagati e schiacciati dalla malavita organizzata trovano, nel dipanarsi della storia, la forza di rialzare la testa attraverso il coraggio di un uomo che diventa simbolo di una presa di coscienza – “coscienza, e che è sta parola, non l’ho mai sentita, solo tu e quel prete lo dite?” dirà nella prima parte – che lo trasformerà da complice del sistema criminale a esempio di riscatto, in tribunale.
Una riscrittura che – in equilibrio tra letteratura, cinema e teatro – fonde le suggestioni del testo originale con quelle dei poliziotteschi napoletani degli anni Ottanta, inserendo la vicenda nell’attualità partenopea, tra caporalato, sopraffazioni e gestione violenta del mercato del lavoro. Sullo sfondo una Napoli che, con il suo golfo, il suo porto e la sua storia, si fa naturale palcoscenico degli eventi che si alternano in un crescente pathos, per giocare con le musiche dei film, con i colori sgargianti della moda, con i riferimenti culturali di quell’epoca, in cui, commenta Ianniello, «la città stava cambiando pelle nella sua organizzazione criminale. Gli anni del terremoto, gli anni di Cutolo. Anni in cui il porto era sempre di più al centro di interessi diversi, legali e illegali».
Uno spettacolo che restituisce la potenza della storia, lasciandoci immedesimare nelle intense e rabbiose relazioni tra i personaggi che la popolano: «La scelta è caduta su un testo e una tematica che mi coinvolgono profondamente e che portano verso una ricerca di libertà faticosa – racconta Gassmann – così ricostruiremo la vita del porto, le vite degli operai, i loro aguzzini, attaccandoci ai suoni, ai rumori, ai profumi e alla lingua di questa città». Uno spettacolo da vedere. Grande Alessandro Gassman, ci sei piaciuto molto.