Partecipazione e gradimento da parte del pubblico alla giornata di studi proposta dalla SAT sede centrale, in collaborazione con la Soprintendenza della Provincia Autonoma di Trento, il Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto e la Fondazione Museo Storico del Trentino
Il gigantesco lavoro di recupero, restauro e valorizzazione dei residuati bellici della Grande Guerra ha creato attorno a questo “unicum trentino” un parterre di competenze da parte di studiosi, intellettuali, professionisti, volontari e tecnici così vasto e variegato da non potersi certo disperdere con la fine delle commemorazioni per il centenario.
E nemmeno si può pensare che dopo anni di messa in campo di professionalità e di risorse il patrimonio raccolto, organizzato, portato a valle, restaurato e poi ricollocato in quota per la fruizione dei visitatori, possa scivolare nell’incuria o nell’oblio.
Questo il focus della giornata di studi promossa dalla SAT in collaborazione con la Soprintendenza, con il Museo della Guerra di Rovereto e della Fondazione Museo Storico del Trentino, che si è svolta in data odierna al Castello di Rovereto.
Partendo dal benvenuto del presidente del Museo della Guerra Alberto Miorandi e a seguire da un inquadramento storico di Camillo Zadra, provveditore del Museo per oltre vent’anni, l’incontro ha messo in luce l’immenso lavoro svolto in primis di segnalazione da parte dei volontari della SAT e quindi di supporto e di stimolo nei confronti delle Istituzioni (Soprintendenza, Bacini Montani, Collegio Guide Alpine, Nucleo Elicotteri,) durante l’ opera di ricostruzione e restauro di trincee, camminamenti, caverne, baracche, teleferiche, cannoni, riflettori, suppellettili, indumenti e documenti di ogni genere.
Un lungo racconto, moderato da Francesco Frizzera, non solo a parole, ma anche per immagini, di Sergio Chini, Antonio Torrisi e Andrea Bressan sulle modalità di intervento, di Pietro Dal Prà su come sono stati censiti i ritrovamenti, di quali sono state le tecniche usate per il restauro da parte di Katia Brida, Cristina Dal Rì e Antonella Conte, degli aspetti archeologici da parte di Cristina Bassi e di quelli glaciologici nell’intervento di Cristian Casarotto.
Marco Gramola consigliere centrale e referente all’interno del Consiglio Centrale SAT per la Commissione Storico Culturale e Biblioteca, ha illustrato tutto il poderoso complesso di teleferiche e gallerie (8 chilometri) rinvenuto sul Carè Alto, un fenomeno emerso in tutta evidenza a partire dalla metà del 1990 e divenuto sempre più rilevante con il surriscaldamento globale recente a partire dal 2000.
A conclusione degli interventi tecnici la tavola rotonda, coordinata da Giuseppe Ferrandi, per gettare il cuore oltre l’ostacolo e guardare al futuro. Un futuro non facile per la frequentazione dei siti d’alta quota secondo Lorenzo Iachelini, all’epoca dei lavori presidente del Collegio delle Guide Alpine del Trentino “La montagna è cambiata ed oggi bisogna riorientare gli escursionisti nei confronti del pericolo di crepacci, seracchi, doline e tenuta del permafrost. Servono interventi concreti e sostenibili nel lungo periodo”.
Cristina Bassi per la Soprintendenza ricorda che se non ci fosse stato il rifugio Vioz vicino ai ritrovamenti di Punta Linke i lavori sarebbero stati quasi impossibili vista l’altitudine.” I fondi oggi pare inizino a scarseggiare – ha riferito – sono due anni che ragioniamo sulla baracca della Marmolada, ma non si riesce a partire, anche per la difficoltà oggettiva di allestire un cantiere”.
Sergio Bettotti oggi al Servizio turismo, ma all’epoca dirigente al Servizio cultura della Provincia ha evidenziato che “gli sforzi sono stati enormi nel recupero ma forse non così efficaci nella valorizzazione a livello comunicativo, le potenzialità del Servizio Turismo sono alte e con strumenti come la Guest Card, andrebbero utilizzati anche per valorizzare queste opere”.
Le conclusioni in qualità di rappresentante dell’Associazione promotrice della giornata di studi sono toccate ad Anna Facchini, presidente della SAT “Oggi abbiamo una fotografia, nitida, nella quale la SAT ha giocato un ruolo importante di coordinamento di tutte le forze in campo. Ora tra l’ente pubblico e la SAT ci sono i rifugi, molti dei quali prospicienti ai ritrovamenti più importanti. E allora ecco che i rifugi potrebbero avere un importante ruolo di presidio culturale rispetto a questo patrimonio, organizzando momenti di restituzione sulle valorizzazioni di storia e memoria, con una forte connotazione all’educazione nei confronti dell’approccio alla montagna e a questi luoghi. Bisogna guardare avanti lucidamente – ha proseguito – e chiederci, in prospettiva, quale sarà il nostro ruolo nel proporre la frequentazione delle nostre montagne, prendendo consapevolezza nei confronti di un mondo in rapidissima trasformazione e non solo per quanto concerne il clima”.