E’la storia di tre secoli di violenze compiute soprattutto nel Meridione. La storia della repressione perpetrata in Italia contro banditi e briganti. Il libro di Enzo Ciconte, storico della criminalità organizzate e della mafie, offre la prima ricostruzione della repressione contro banditi e briganti perpetrata nei territori italiani d’ancien régime e poi nello stato unitario.
Chi sono i banditi? Ladri, disperati, assassini, nobili decaduti, contadini, ribelli che non accettano il giogo attorno al collo. Questi criminali rappresentano un’opportunità per i potenti che li utilizzano contro i propri nemici. La lotta del Regno Sabaudo contro il brigantaggio fatta di sanguinose repressioni è l’unica risposta che non fosse sangue.
Enzo Ciconte racconta come nonostante tutta questa repressione, cresca la convinzione nei vertici militari, con il tacito consenso dei ministri, che per sconfiggere i briganti ci sia bisogno di usare l’illegalità. Tale convinzione porta i militari a fucilare un gran numero di persone molte delle quali catturate senza armi in mano. A quest selvaggia violenza seguono gli incendi dei paesi da parte delle truppe. Terrorizzare le popolazioni, bruciare le case non trova ostacoli nel Governo. Nessuno degli ufficiali responsabili di stragi, assassini, di violazioni della legalità verrà mai punito. I vertici militari e i vertici governativi copriranno sempre chi ha commesso le violazioni.
Il libro offre un ampio affresco della reazione ai fenomeni di banditismo dagli albori dell’età moderna fino alla repressione messa in atto nei primi decenni dell’Italia Unita. Emerge un quadro complesso che vede al centro questioni sociali legate alla terra. La lotta del regno sabaudo contro il brigantaggio propriamente detto è quindi solo l’ultimo capitolo di una secolare storia di sanguinose repressioni. Certo, è soprattutto in uno stato che si definisce liberale che colpisce la delega assoluta concessa ai militari che governano con leggi eccezionali, stati d’assedio e tribunali militari. Ma Enzo Ciconte ci ricorda che quanto è accaduto nel Mezzogiorno non può essere attribuito alla responsabilità dei soli piemontesi: le truppe venute dal Nord sono state aiutate con le armi da tanti meridionali espressione di una borghesia in ascesa.
“Negli anni cruciali della costruzione dello Stato unitario c’è una guerra spietata ai briganti, ma la stessa durezza non è rivolta a fenomeni criminali e mafiosi noti e conosciuti in Campania, Sicilia e Calabria. Con i moderni agglomerati mafiosi lo Stato sceglie il quieto vivere, la convivenza, la coabitazione…». Una scelta scellerata, «le cui conseguenze arrivano sino a noi”, scrive Ciconte.