La chiesa dove vi portiamo oggi è una delle chiese “invisibili” di Roma, quasi nascosta alla vista, eppure centralissima. Si trova in via del Sudario, una via piccola e stretta che prende il nome proprio dalla chiesa, a due passi da largo Argentina. Perla del barocco romano, è incastonata tra la Chiesa di Sant’Andrea della Valle e quella di San Biagio e Carlo ai Catinari. Non è appariscente nella facciata eppure ha delle particolarità davvero uniche che si intrecciano alla storia del nostro Paese.
Si, perché è vero che la chiesa dal 1948 è sotto il patronato della presidenza della Repubblica Italiana. Ma è vero anche che, prima di quella data, era un luogo speciale: era qui che i Savoia, quando non potevano entrare in Italia, seguivano la Messa e le altre cerimonie religiose. In pratica, era la loro cappella privata. Ed è per questo che all’interno della chiesa troviamo le figure di cinque beati di casa Savoia, Ludovica, Amedeo, Umberto, Bonifacio e Margherita, opera di Cesare Maccari e di Giovan Domenico Cerrini detto “il Cavalier Perugino”. Sull’altare maggiore, incorniciato da due copie di colonne di diaspro di Sicilia, campeggia la pala di Antonino Gherardi raffigurante Cristo giacente nel Sudario adorato dai santi e beati di casa Savoia, del 1682: a sinistra san Massimo, primo vescovo di Torino e la beata Margherita di Savoia, al centro san Maurizio protettore dello Stato Sabaudo e a destra i beati Ludovica e Amedeo.
Storicamente, la chiesetta non ebbe vita facile: nacque come sede di una confraternita di piemontesi residenti a Roma che si proponevano la venerazione di una copia della reliquia della Sacra Sindone conservata a Torino dal 1597. Sopra la trabeazione dell’altare c’è infatti la copia della Sindone, eseguita dalla venerabile Maria Francesca di Savoia, da lei offerta al cardinale Pallotta, passata poi a Urbano VIII che la donò alla chiesa. La confraternita si chiamò pertanto “confraternita romana del Sudario” e con Clemente VIII diventò arciconfraternita. Era costituita da oriundi degli stati del dica di Savoia, quindi Savoia, Piemonte e Nizza, ed aveva l’onere dell’ospitalità, la visita agli infermi ed ai carcerati, la dotazione e la cura delle zitelle e la recita del divino officio della Santa Sindone.
Lungo la storia, furono davvero tanti i passaggi: la prima sede della confraternita fu nell’antica chiesa dedicata ai santi Dionigi e Luigi re di Francia. edificata dalla nazione francese sul sito dell’odierno convento di San’Andrea della Valle e poi passata, nel 1478. ai monaci dell’abbazia di Farfa che, a loro volta, la diedero in enfiteusi ai confratelli del “Ss. Sudario della natione savoina”. Dopo essere stata restaurata da Carlo Rainaldi nel 1678 (con Pier Francesco Garola, pittore alla corte sabauda che decorò il nuovo altare), fu devastata dai francesi nel 1798 che cancellarono la confraternita e trasformarono la chiesa in scuderia e poi in magazzino.
La chiesa fu poi riaperta al culto nel 1801 grazie ad un intervento di Carlo Emanuele IV e della moglie Clotilde di Francia, esuli a Roma. Dopo l’annessione del Piemonte alla Francia, nel 1805, fu riaperta come chiesa nazionale sarda all’epoca della Restaurazione. Nel 1856 fu poi restaurata da Giacomo Monaldi, su ordine del ministro degli esteri del Regno d’Italia e cosi la chiesa divenne, nel 1871, cappella palatina sotto il patrocinio della Real Casa Savoia.
Perché si chiama “chiesa del Sudario”? Anche questo deriva dai Savoia. La parola “Sudario” deriva dalla copia della Sacra Sindone, il lenzuolo che secondo la tradizione avvolse il corpo di Gesù, e di cui si conserva una riproduzione nella chiesa. Una copia con le stesse misure dell’originale, opera di Maria Francesca di Savoia, è conservata all’interno della chiesa, dal 1430 affidata alla custodia dei Savoia e tuttora conservata nella Cappella della Sacra Sindone del Duomo di Torino. Entrando in chiesa troviamo militari in mimetica e suore: oggi il Sudario è la chiesa sussidiaria dell’Ordinariato militare in Italia (nel 1984, quando fu abolito l’istituto dell’ordinariato palatino a seguito della revisione dei Patti Lateranensi, fu affidata appunto all’Ordinariato militare), chiesa nazionale del regno di Sardegna, chiesa regionale del Piemonte e chiesa regionale della Sardegna. Questo significa che il rettore viene nominato dall’arcivescovo ordinario militare. Anche le suore qui presenti sono particolari: fanno parte delle ”Serve dei Cuori Trafitti di Gesù e Maria” (SCTJM), un istituto religioso fondato in Florida nel 1990 da Madre Adela Galindo, nell’Arcidiocesi di Miami. La chiesa è un piccolo scrigno nascosto tra i vicoli di Roma che racchiude la storia dell’Italia. Andatela a visitare, ne vale la pena.
Anna Maria De Luca