Dal 18 giugno al 3 luglio 2016 si può visitare l’opera di Chirsto e Jeanne-Claude ‘the Floating Piers’ al lago d’Iseo composta da passarelle galleggianti lunghe circa 3 chilometri. La passerella, le strade e il percorso della mostra sono segnate da un tappeto di un tessuto arancione cangiante che accompagna il visitatore partendo da Sulzano e Peschiera Maraglio per condurre i visitatori verso l’isola di San Paolo.
In generale, le chiavi di lettura in una opera d’arte sono spesso molteplici e per alcune possono essere facilmente decifrabili anche dai profani o dal pubblico. Va subito detto che non è questo il caso e non è facile definire immediatamente quali siano le più appropriate chiavi di lettura per The Floating Piers.
Innanzitutto ci troviamo di fronte ad un’opera monumentale di land art che vorrebbe evocare il ruolo della interazione-collegamento tra l’elemento acquatico e quello terrestre. Tale opera ha la caratteristica di poter essere percorsa e vissuta direttamente dai visitatori. Non tutte le opere di land art permettono una simile esperienza. Per la gran parte di esse, lo spettatore ha il ruolo di visitatore passivo, non entra a pieno titolo a far parte dell’opera stessa. Una prima lettura è quindi la partecipazione attiva della moltitudine, della massa, alla contaminazione dell’opera. Contaminazione che avviene sia sul piano del colore (questi esseri umani colorati-puntiformi che creano dei forti contrasti con il colore della passerella) sia sul piano della partecipazione stessa all’opera: le persone entrano a pieno titolo dentro l’opera perché ne modificano la struttura cromatica originale.
Possono esistere anche altre chiavi di lettura per poter apprezzare questa opera. Una è sicuramente il rapporto con i contrasti cromatici. E’ un’opera dove i contrasti sono volutamente cercati e fanno parte integrale della progettazione. Ne esistono almeno due. Un contrasto è di tipo geometrico. Il contrasto tra le forme splendide del paesaggio frastagliato e rigoglioso di Monte Isola e le forme dure, lineari della geometria euclidea create dai pontili galleggianti. L’altro contrasto, ancora più incisivo, riguarda il rapporto tra i colori dell’opera e quelli della natura circostante (colori complementari sulla base della teoria di Goethe). L’arancione vivo, cangiante della tela con il blu profondo del lago e il verde rigoglioso della vegetazione. Sembrerebbe di vivere dentro un perenne contrasto cromatico di natura vangoghiana.
Un’altra importante chiave di lettura è di natura concettuale e consiste nel rapporto tra l’opera e il paesaggio. Christo ha indubbiamente scelto di collocare un’opera d’arte decontestualizzata rispetto al paesaggio circostante. L’opera non deve essere letta come un continuum rispetto al territorio, ma deve staccarsi nettamente da esso, creare il maggiore contrasto immaginabile. Christo e Jeanne-Claude adottano una ben determinata operazione nel loro fare land art: indurre una riflessione collettiva usando non le affinità con il paesaggio, ma la rottura con esso. Su questo punto, si può intravedere un’influenza importante di Duchamp nel pensiero di Christo: rompere i collegamenti consolidati per ragionare sugli stessi collegamenti. Ragionare sul paesaggio italiano rompendo la routine dello stesso paesaggio.
In qualche modo, questa mostra fornisce delle indicazioni su come si potrebbe coniugare innovazione e tradizione, la forma perfetta della geometria euclidea dell’arte umana con quella naturale, caotica dei paesaggi naturali.
Inoltre, è fondamentale visitare la mostra ‘Cristo and Jeanne-Claude: Water Projects’ curata da Germano Celant presso il Museo di Santa Giulia a Brescia dal 7 aprile a l8 settembre.
Non si può comprendere appieno la portata del contributo artistico di Christo e Jeanne-Claude se non si vedono i progetti che descrivono la storia delle maggiori installazioni che hanno come fattore comune il tema dell’acqua nelle sue varie declinazioni nei contesti paesaggistici.
Si rimane sbalorditi guardando i disegni per la progettazione delle opere. Ad esempio, nei bozzetti preparatori per i Wrapped Bridges si possono ammirare delle vere opere d’arte di collage. Nulla sembra lasciato al caso: dalle funi che legano il telo, alla stessa tela che dovrebbe avvolgere i ponti con delle ombre vere ‘disegnate sopra’, come se non ci fosse discontinuità tra la foto e la ricostruzione progettuale.
La mostra al Museo di Santa Giulia percorre le tappe dei due artisti dal 1961 ad oggi, mostrando cronologicamente la suddivisione delle opere per grandi temi: i ponti, i grandi volumi, le coste, le valli, i monumenti, i muri, le isole, le porte, gli alberi e, per finire, come logico, la progettazione di ‘The Floating Piers’.
Insomma, un viaggio itinerante nel pensiero e nel lavoro di Christo e Jeanne-Claude, un mixing equilibrato tra tecniche ingegneristiche ed arte monumentale di land art.
Armando Pelliccioni
Indirizzo:
Museo di Santa Giulia
Via Musei 81/b – 25121 Brescia
Tel. 030.2977833-834.
email: santagiulia@bresciamusei.com
http://www.bresciamusei.com/santagiulia.asp