Alla scoperta della Belluno di Dino Buzzati. E di un rapporto speciale con Rita da Cascia, la santa degli impossibili.
Oggi c’è chi nel merito ha creato un’installazione – o meglio, una videoinstallazione site-specific: dal 14 maggio all’8 giugno (mart-ven 17.00-19.30 e sab-dom 10.00-12.30 e 17.00-19.30), Luigi Manciocco è esposto a palazzo Crepadona (a due passi dalla piazza principale di Belluno, piazza dei Martiri) con “Relazioni possibili”, una riflessione complessa ma immediata sul misticismo sacro, sul rapporto artistico e intellettuale che si creò tra Dino Buzzati e l’artista francese Yves Klein, e sull’influenza che la santa degli impossibili Rita ebbe su entrambi.
L’installazione si trova all’interno del Cubo di Botta, uno spazio felpato ricavato nella corte interna dell’antico palazzo sede anche della biblioteca comunale. Un’installazione suggestiva ed essenziale: tre volti che dialogano, la stigmata della santa – sulla fronte – e le api (dorate) del suo primo miracolo di bambina.
Yves Klein è uno dei più grandi artisti del XX secolo, scomparso nel 1962 a soli 34 anni. Originario di Nizza, era stato educato al culto di santa Rita in famiglia, sin da bambino. Conobbe Dino Buzzati in occasione di una sua mostra alla galleria Apollinaire di Milano, in merito alla quale lo scrittore e giornalista bellunese ebbe a scrivere un articolo per il Corriere della Sera. «Meravigliosamente insensibile alla razionalità del nostro mondo» Buzzati definiva Klein: gli piaceva molto, lo sentiva affine. E Luigi Manciocco va a indagare questa affinità, seguendo le tracce comuni al francese e al bellunese, che hanno i passi lievissimi di una santa estrema, semi sconosciuta e potentissima nel miracolo. La santa degli impossibili è il filo rosso che tiene assieme le due personalità – anzi, le tre, se contiamo anche l’artista antropologo Manciocco – in mostra. La curatrice dell’esposizione è Angela Madesani.
La videoinstallazione “Relazioni possibili” sarà inaugurata sabato 14 maggio alle 18. Dalle 16,30 però ci sarà un’anteprima presso il granaio di villa Buzzati san Pellegrino, in via Visome 18. È questa la casa natale dello scrittore giornalista: qui, al cospetto delle sue montagne del cuore – le Dolomiti aguzze di cui tanto fantasticava e raccontava nelle sue notti milanesi – Dino bambino trascorse la prima infanzia tra prati e crode grigio rosate. La casa è sempre qui, rosso scolorito sui cieli ora plumbei ora blu intensi che illuminano la valle su cui sorge la città di Belluno, in cui scorre gorgogliante la Piave.
Poco lontano da villa Buzzati, a Giaon parte il bel sentiero nel bosco che sale lento verso i prati spettacolari di Valpiana, in Valmorel. La prima parte della salita è una via crucis di capitelli dedicati alla santa degli impossibili. È proprio in questi luoghi che Dino Buzzati torna, alla fine della sua vita, per ricreare (a Milano, in esposizione al Naviglio) un piccolo santuario di montagna, fatto di miracoli quasi assurdi – miracoli testimoniati in coloratissimi ex-voto realizzati dallo scrittore pittore. I dipinti degli ex-voto dedicati a santa Rita sono stati trasposti in brevi racconti e sono diventati l’ultimo spettacolare libro di Buzzati, “I miracoli di Val Morel”. La passeggiata in salita verso Valmorel è da fare con il libro alla mano, godendosi le storie del gatto mammone, del Colombre, dei Vespilloni, del pettirosso gigante nei luoghi dove la maggior parte dei miracoli attribuiti a santa Rita da Buzzati sono accaduti (davvero?), tra le splendide Dolomiti Bellunesi.
Delle sue montagne di casa – la Schiara in primis: la vedete svettare provocante con la Gusela sullo sfondo blu del cielo – Buzzati era profondamente innamorato. Era anzi quasi infastidito dalla presenza delle Dolomiti da turismo, poco più in su, perché oscuravano con la loro pur meritatissima fama la bellezza delle crode e dei luoghi bellunesi: “Esistono da noi valli che non ho mai viste da nessun’altra parte. Identiche ai paesaggi di certe vecchie stampe del romanticismo che a vederle si pensava: ma è tutto falso, posti come questi non esistono. Invece esistono: con la stessa solitudine, gli stessi inverosimili dirupi mezzo nascosti da alberi e cespugli pencolanti sull’abisso, e le cascate di acqua, e sul sentiero un viandante piuttosto misterioso. Meno splendide certo delle trionfali alte valli dolomitiche recinte di candide crode. Però più enigmatiche, intime, segrete”.
Non fate quindi come i turisti più superficiali, che sgommano veloci verso Cortina d’Ampezzo e del Bellunese si godono solo la parte alta (meravigliosa): approfittate della mostra in Crepadona, immergetevi nelle “Relazioni possibili” di Manciocco e poi fate una passeggiata nel centro storico di Belluno, sotto l’affettuoso abbraccio d’erba del Serva e lo sguardo attento delle cime disposte a corona attorno alla città. Scendete al vecchio porto sul Piave – Borgo Piave – un tempo fiume di traffici, commerci e scambi ricchissimi con la Serenissima; cercate le impronte della dominazione veneziana nelle trifore delle case rosso mattone e nei palazzi del potere; seguite il gorgoglio delle acque che continuano a scorrere nelle tante antiche fontane cittadine; scovate lo splendido affresco nascosto in piazza delle Erbe; percorrete via Mezzaterra e gli altri vicoli della Belluno medievale fino alla sua porta antica, porta Rugo; prendete un caffè al sole in piazza dei Martiri dopo aver fatto un listòn (guardandovi attorno e lasciandovi guardare); fatevi guidare al Duomo dal suo campanile allampanato, dall’angelo scuro di Andrea Brustolon che sopra la cipolla sembra spiccare il volo e sfidare il dito di pietra della Gusela, in lontananza.
E poi, dopo aver visitato Belluno, uscite di un paio di chilometri fino a Giaon, con il sole ancora alto sui prati di primavera, e incamminatevi verso Valmorel in compagnia di santa Rita, dei disegni e delle parole di Buzzati. Chissà che anche a voi non capiti di beneficiare del pellegrinaggio in quota – avete forse un (bi)sogno impossibile nel cassetto?”