La crescente concentrazione di abitanti nelle “regioni metropolitane” (52,3% della popolazione) e l’aumento dei flussi turistici (+42%) genereranno nei prossimi 15 anni nel nostro Paese un deciso aumento dei pendolari. Al centro di questa crescente domanda di mobilità, cui il trasporto pubblico farà fatica a fornire risposte adeguate, ci sarà l’utilizzo dell’auto (già oggi copre oltre il 70% degli spostamenti per lavoro), totalmente connessa, a basse emissioni e autonoma. Decisivo per l’avvento delle smart city la capacità delle istituzioni di governare la digitalizzazione dell’infomobilità.
Sono questi i principali trend che emergono dal rapporto “L’evoluzione della mobilità degli italiani – Dallo scenario attuale al 2020-2030”, realizzato dall’ANIASA – l’Associazione Nazionale Industria dell’Autonoleggio e Servizi Automobilistici di Confindustria e dalla Fondazione CENSIS e illustrato, in occasione dei 50 anni di attività dell’Associazione dell’autonoleggio, nel corso del convegno tenutosi oggi a Roma alla presenza di rappresentanti delle istituzioni.
La crescita delle “megacities”, raccoglieranno 33 mln di abitanti
Il costante aumento degli abitanti nelle cinture urbane ha portato alla costituzione di vere e proprie regioni metropolitane. In queste “megacities” si addensa oggi circa la metà della popolazione italiana (49,7%) e la loro rilevanza è destinata a crescere nei prossimi 15 anni. Si può stimare che al 2030 nel loro insieme vedranno aumentare la popolazione dell’8,6% a fronte un incremento complessivo dei cittadini italiani del 3,4%; raccoglieranno quasi 33 milioni di abitanti, con un’incidenza sulla popolazione totale pari al 52,3%. Nel Centro-Nord queste “megacities” costituiranno ambiti geografici fortemente attrattivi, mentre nel Mezzogiorno si registrerà una sostanziale stagnazione.
Pendolari in aumento: nel 2030 saranno quasi 31 mln a spostarsi ogni giorno
Pur perdendo residenti, le “città-polo” sono oggi diventate aree di concentrazione di funzioni ad elevata attrattività. Sono quasi 29 milioni le persone che in Italia si spostano quotidianamente per studio o per lavoro (il 48,6% della popolazione) e nel 2030 tale dato toccherà quota 30,9 milioni. I pendolari per studio subiranno una leggera riduzione (da 9,7 a 9,4 milioni di studenti), mentre quelli mossi da ragioni di lavoro cresceranno da 19,2 a 21,5 mln. L’aumento del pendolarismo riguarderà le grandi regioni urbane del Centro e del Nord, ma non interesserà le regioni del Mezzogiorno. Questi numeri si riverbereranno su una crescita dei pendolari che utilizzeranno l’auto che passeranno dai 17,5 milioni del 2011 ai circa 18,8 milioni del 2030.
Già oggi risulta in crescita anche la quota di coloro che varcano ogni giorno i confini del comune di residenza, passata negli ultimi anni dal 36,2% al 39,4%. Se poi si guarda unicamente a chi si sposta per lavoro la quota degli “sconfinamenti” sale al 46,2% proprio per il ruolo giocato dai processi di dispersione residenziale all’interno delle “megacities”. Questa domanda di mobilità viene soddisfatta in misura preponderante e crescente rispetto al decennio precedente dai mezzi di trasporto individuali. Ad oggi il 71,3% degli spostamenti per lavoro avviene grazie all’uso dell’auto, a causa della mancanza di coerenza tra pianificazione insediativa, infrastrutturale e servizi di trasporto pubblico su ferro.
Secondo le ultime stime dell’Unione Europea, la quantità di spostamenti passerà da 953 a 1.095 Gpkm (miliardi di passeggeri al km), di cui oltre 3/4 in auto e moto. Qualunque sarà il contesto economico dei prossimi anni, l’auto rimarrà centrale negli spostamenti degli italiani, ma perderà progressivamente il suo appeal di bene simbolo, si potrà scegliere di usarla senza possederla, di condividerne l’utilizzo con altri, oppure di utilizzare il trasporto pubblico in tutte le situazioni residuali in cui questo si dimostrerà efficace.
Il Rapporto ANIASA-CENSIS evidenzia come in uno scenario di rilevante ripresa economica, passeremo dai circa 26,2 milioni di persone (su una popolazione mobile di 41,3 mln) che si spostavano in auto nel 2010 ai 28,2 milioni del 2030 (su una popolazione mobile di 42,4 mln di persone); nell’ipotesi di crescita del Pil più debole e caratterizzata da una jobless growth, i numeri saranno sostanzialmente gli stessi del 2010.
Il boom del turismo: nel 2030 avremo 20 mln di turisti in più
I dati relativi al turismo nel decennio 2003-2013 sono più che positivi: le presenze sono cresciute del 9,4%, frutto del saldo tra la straordinaria crescita delle visite straniere (32,3%) e la sensibile diminuzione (-6,2%) di quelle italiane. La previsione per l’Italia per il 2030 è di circa 68 milioni di arrivi internazionali, circa 20 milioni in più rispetto ai 48 milioni attuali, con un incremento del 42% rispetto alla situazione odierna. E’ evidente che se dovesse concretizzarsi un tale incremento dei flussi di turisti e visitatori si registrerebbe un impatto non indifferente sulla domanda di trasporto del Paese, che inciderebbe soprattutto sul trasporto aereo, ma non solo.
La nuova auto? Connessa, a basse emissioni e “autonoma”
Anche sul fronte dell’evoluzione del prodotto il Rapporto ANIASA-CENSIS fornisce interessanti indicazioni. Di qui al 2020-2030 è lecito attendersi che le auto subiranno una forte innovazione tecnologica spinta dall’industria automotive lungo tre diverse direttrici: le propulsioni ibride ed elettriche, la crescente connettività delle automobili (connected car) che le metterà in costante comunicazione con i sistemi di regolamentazione del traffico e con i driver (oltre alla telediagnosi) e l’affrancamento dell’auto dall’uomo per il suo funzionamento, in alcune attività di base, ma non solo (autonomous car).
“Il settore del noleggio veicoli è per sua natura parte integrante della sharing economy.”, evidenzia il Presidente ANIASA Fabrizio Ruggiero, “Stiamo procedendo verso un’offerta unica di servizi di mobilità, come è maggiormente visibile in alcuni Paesi europei, che prevederà oltre all’utilizzo del veicolo per il tempo utile, da 15 minuti a 5 e più anni, una serie di ulteriori strumenti di mobilità, come l’accesso ad aree a traffico limitato, a spazi a pedaggio e ai parcheggi”.
“In questo nuovo scenario di mobilità urbana ed extra-urbana chiediamo alla Istituzioni”, conclude Ruggiero, “di fare la propria parte facilitando gli spostamenti di persone e beni attraverso la diffusione di sistemi tecnologici adeguati (per accessi a ZTL, parcheggi “intelligenti”, strade con sistemi di comunicazione e reti 4 G con cui le connected car possano dialogare). La realizzazione delle smart city passa dalla realizzazione di infrastrutture, dall’adeguamento del quadro normativo di riferimento e, non ultimo, dalla semplificazione della burocrazia attraverso i processi digitali. L’esatto contrario di quanto succede oggi con l’articolo 94 del Codice della Strada che, pur con fini lodevoli di contrasto alle intestazioni fittizie, impone balzelli e assurde complessità gestionali. Un empasse, se lo si volesse, facilmente superabile attraverso flussi informatici a costo zero”.
SINTESI DEL RAPPORTO:
Quale è lo scenario attuale e come si evolverà la mobilità di cittadini e imprese nei prossimi 15 anni? Quali saranno i principali fenomeni demografici e socio-economici che caratterizzeranno il Paese e impatteranno sulla domanda di mobilità? Quali saranno le grandi direttrici di evoluzione tecnologica dell’automobile e, più in generale, dell’offerta di mobilità?
Sono questi i tre principali quesiti alla base del Rapporto di ricerca ANIASA-CENSIS “L’evoluzione della mobilità degli italiani – Dallo scenario attuale al 2020-2030”, realizzato in occasione dei 50 anni di attività dell’Associazione.
L’Italia del 2030: 1 cittadino su 4 over 65 anni, +2 mln di abitanti, in crescita gli stranieri
La popolazione italiana è in crescita lenta, ma costante. L’attuale andamento demografico è caratterizzato da tre fenomeni: una dinamica naturale (negativa) e un saldo migratorio fortemente positivo, legato all’arrivo in Italia di alcuni milioni di immigrati stranieri in cerca di lavoro o in fase di ricongiungimento familiare; un processo di invecchiamento del Paese (maggiore longevità, diminuita natalità); il crescente decremento di popolazione del Mezzogiorno.
Questi fenomeni già ora in atto determineranno un cambiamento importante degli equilibri demografici del Paese. Infatti nel 2030:
- saremo 2 milioni in più rispetto ad oggi (oltre la soglia dei 62 milioni di abitanti), ma tale saldo positivo non sarà la risultante di una crescita armonica: la fascia di età over 65 anni registrerà un incremento di ben 3,5 milioni di persone, mentre nelle altre fasce di età ci sarà un calo di circa 1,5 milioni di persone;
- il Centro-Nord crescerà di quasi il 7%, mentre il Mezzogiorno registrerà una diminuzione della popolazione pari al 3%;
- un italiano su 4 avrà più di 65 anni d’età, a fronte di un’evoluzione del ruolo dell’anziano (oggi sono quasi 2,7 milioni le persone con 65 anni e oltre che lavorano, tra il 2008 e il 2013 il numero delle “patenti attive” tra gli anziani è aumentato del 50%);
- sarà più che rilevante la crescita del numero dei cittadini stranieri residenti che si attesterà intorno ai 3,4 milioni passando dall’attuale 8,1% al 13,2% della popolazione. Di questi, circa 3 milioni abiteranno al Centro-Nord, dove il loro peso salirà al 17%, il che vuol dire che ci sarà un cittadino straniero ogni 5 cittadini italiani.
Crescono le megacities, trasporto pubblico inefficiente
Già oggi l’aumento degli abitanti delle cinture urbane ha portato all’integrazione di diverse polarità in agglomerati vasti e complessi, vere e proprie regioni metropolitane. In queste megacities si addensa circa la metà della popolazione italiana (49,7%). La rilevanza di queste aree è destinata a crescere ulteriormente in futuro. Si può stimare che al 2030 nel loro insieme vedranno aumentare la popolazione dell’8,6% contro un incremento complessivo della popolazione italiana del 3,4%; raccoglieranno quasi 33 milioni di abitanti, con un’incidenza sulla popolazione totale pari al 52,3%. Nel Centro-Nord le megacities costituiranno ambiti geografici fortemente attrattivi. Di contro, nel Mezzogiorno si registrerà una sostanziale stagnazione.
Pur perdendo residenti, le “città-polo” sono oggi diventate aree di concentrazione di funzioni ad elevata attrattività e quindi grandi scambiatrici di flussi. Sono quasi 29 milioni le persone che in Italia si spostano quotidianamente per studio o per lavoro (il 48,6% della popolazione) e nel decennio intercorso tra gli ultimi due censimenti sono cresciute di 2,1 milioni. Ed è aumentata anche la quota di coloro che varcano ogni giorno i confini del comune di residenza, passata dal 36,2% al 39,4%. Se poi si guarda unicamente a chi si sposta per lavoro (più di 19 milioni di cittadini, corrispondenti al 66,4% del totale dei pendolari) la quota degli “sconfinamenti” sale al 46,2% proprio per il ruolo giocato dai processi di dispersione residenziale all’interno delle megacities. Questa domanda di mobilità viene soddisfatta in misura preponderante e crescente rispetto al decennio precedente dai mezzi di trasporto individuali. Ad oggi il 71,3% degli spostamenti per lavoro avviene oggi grazie all’uso dell’auto. D’altra parte la mancanza di coerenza tra pianificazione insediativa, pianificazione infrastrutturale e gestione della mobilità ha fatto sì che la previsione di nuovi insediamenti residenziali avvenisse in modo non collegato con la programmazione di servizi di trasporto pubblico su ferro.
Un discorso molto diverso riguarda invece i processi di integrazione tra le regioni urbane di una parte rilevante del Paese: i circa 1.000 km di linee ferroviarie veloci hanno infatti avvicinato considerevolmente le principali città garantendo tempi di collegamento decisamente competitivi rispetto al trasporto stradale e aereo.
Boom dei flussi turistici internazionali: al 2030 +42%
I dati complessivi relativi al turismo nel decennio 2003-2013 risultano favorevoli: le presenze sono cresciute del 9,4%, frutto del saldo tra la straordinaria crescita delle visite straniere (32,3%) e la sensibile diminuzione (-6,2%) di quelle italiane. Per la componente internazionale, l’Italia sta beneficiando dell’andamento positivo a livello mondiale, che si stima potrà raddoppiare i suoi numeri da qui al 2030. Ad oggi siamo la 5° destinazione turistica internazionale, ma la nostra quota sul turismo globale diminuisce per la crescita più rapida dei competitors. Il punto di forza del Paese sono certamente le città d’arte (45% degli arrivi) grazie al richiamo del patrimonio storico-artistico.
La previsione per l’Italia al 2030 è di circa 68 milioni di arrivi, circa 20 milioni in più rispetto ai 48 milioni attuali (+42% rispetto alla situazione odierna). E’ evidente che se dovesse concretizzarsi un tale incremento dei flussi di turisti e visitatori si registrerebbe un impatto non indifferente sulla domanda di trasporto del Paese, che inciderebbe soprattutto sul trasporto aereo. Nel Mezzogiorno il trasporto su gomma nelle sue differenti forme risulterà l’unica integrazione possibile con il vettore aereo.
L’evoluzione della domanda di mobilità: crescita del pendolarismo (30,9 mln di cittadini), auto al centro del sistema di mobilità 2030
Le proiezioni al 2030 delle dinamiche illustrate consentono di delineare gli scenari della futura domanda di mobilità.
La quantità di spostamenti (miliardi di passeggeri al km) passerà da 953 a 1.095, di cui oltre 3/4 in auto e moto. L’incremento di mobilità, intorno alle città-polo, sarà determinato esclusivamente da ragioni di lavoro (da 19,2 a 21,5 milioni di lavoratori). L’auto rimarrà centrale negli spostamenti degli italiani, ma perderà progressivamente il suo appeal di bene simbolo Si potrà scegliere di usarla senza possederla, di condividerne l’utilizzo con altri, oppure di utilizzare il trasporto pubblico in tutte le situazioni residuali in cui questo si dimostrerà competitivo. Le nuove generazioni ed i nuovi ceti urbani coniugheranno la libertà di muoversi con quella di scegliere in quale modo, di volta in volta.
Stima dell’evoluzione della domanda di trasporto passeggeri in Italia. Valori assoluti e composizione percentuale per modalità di trasporto. Anni 2010, 2020, 2030
I pendolari aumenteranno complessivamente passando dai 28,8 milioni del 2011 ai 30,9 milioni del 2030. I pendolari per studio subiranno, invece, una debole riduzione (da 9,7 a 9,4 milioni di studenti). L’aumento del pendolarismo riguarderà le grandi regioni urbane del Centro e del Nord, non interesserà le regioni del Mezzogiorno. Questi numeri si riverbereranno su una crescita del pendolarismo in auto che passerà dai 17,5 milioni del 2011 ai circa 18,8 milioni del 2030.
Con la recessione degli ultimi anni, e i nuovi stili di consumo improntati alla sobrietà, la mobilità erratica ha subito un ridimensionamento significativo. Con l’uscita dall’attuale congiuntura è verosimile che la domanda di mobilità possa riprendere il proprio percorso e riaccostarsi al trend dell’occupazione e della capacità di produrre valore che il Paese esprime.
Ipotizzando uno scenario di ripresa molto prudenziale, in cui si immagina che al 2030 il Pil italiano tornerà ai valori del 2007, la popolazione mobile si attesterà intorno ai 41,3 milioni con una crescita, rispetto al 2015, del 5,7%.
Uno auspicabile scenario di sviluppo più robusto, in grado di replicare i valori medi di crescita economica registrati tra il 2001 e il 2007, determinerà invece una popolazione mobile di circa 42,4 milioni di persone (+8,5% rispetto al 2015).
In entrambe le ipotesi di andamento del Pil, nella sostanza, la centralità dell’auto continuerà a sostenere l’attuale sistema della mobilità: nell’ipotesi di crescita più consistente della popolazione mobile, passeremo dai circa 26,2 milioni di persone che si spostavano in auto nel 2010 ai 28,2 milioni del 2030; nell’ipotesi di crescita del Pil più debole e caratterizzata da una jobless growth, i numeri saranno sostanzialmente gli stessi del 2010.
Negli ultimi anni una quota consistente di italiani ha deciso di “temporeggiare” nella sostituzione dell’auto di proprietà e di ridurne parzialmente l’uso. Tutto ciò ha avuto un impatto sul mercato dell’auto, sulla filiera dell’automotive, sulla vendita dei carburanti, sul transito stradale e autostradale. Bisogna però considerare che gli acquisti delle imprese sono diminuiti in misura percentualmente inferiore, e ancor meglio hanno tenuto gli acquisti di auto a fini di noleggio. La risultante è la crescita progressiva di auto attribuibili a persone giuridiche e la contrazione di quelle delle persone fisiche. Al 2014 le prime valevano il 37,4% del mercato e le seconde il 62,6%. A questa “traslazione” di interesse per l’auto contribuiscono sicuramente le nuove generazioni. Nel 2005 i giovani con età compresa tra 18 e 29 anni coprivano il 13,8% del mercato privato; a distanza di 10 anni questa quota è scesa all’8%. Certamente gioca un ruolo decisivo la transizione demografica con i giovani, che sperimentano crescenti difficoltà occupazionali e di accesso al credito. Più in generale, sembra che l’appeal del bene auto presso le nuove generazioni si sia al momento ridimensionato.
Questi elementi, insieme alle cangianti necessità e attitudini di alcuni ceti urbani, hanno consentito il decollo nelle grandi città italiane del car sharing (trainato da formule di accesso più friendly del passato e dalla scommessa di alcuni grandi player privati). Però è evidente che il fenomeno rappresenta un “di cui” di un processo di portata più ampia. Quello che si può dire con certezza è che una quota crescente di popolazione sta incorporando nelle proprie strategie di vita la rottura del legame tra il possesso di un bene e il suo utilizzo. Un possesso che risulta a tratti vincolante, impegnativo, gravato da oneri spesso non prevedibili. Un utilizzo che, al contrario, consente (senza modificare le proprie abitudini) di sperimentare una libertà ed una “leggerezza” prima non prevedibili.
Un secondo elemento che in prospettiva potrà risultare strategico attiene al valore collettivo che i servizi di noleggio possono apportare, soprattutto incorporando le soluzioni più avanzate di smart mobility. Se è verosimile che nel modello italiano di mobilità l’auto manterrà sostanzialmente il suo ruolo, assume notevole interesse la possibilità di ridurne il numero complessivo, aumentandone contemporaneamente la disponibilità di utilizzo. Il congestionamento urbano, a ben guardare, è alimentato soprattutto dalle auto in sosta, ossia da veicoli che rimangono immobili per intere giornate. La possibilità di metterli in “circolazione” è forse una delle sfide più innovative che si profilano negli scenari della mobilità futura.
L’evoluzione dell’offerta di mobilità verso la smart mobilty
Di qui al 2020-2030 le auto godranno di un’innovazione tecnologica spinta dall’industria automotive e dall’industria ICT.
Le grandi direttrici di evoluzione tecnologica dell’automobile, già oggi identificabili, sono:
- le propulsioni Hybrid ed elettriche (queste ultime soprattutto nelle città, per il trasporto merci e per quello individuale non esclusivo, come taxi e car sharing). L’effetto sarà di rendere le ZTL accessibili a più persone;
- la crescente connettività delle automobili (connected car). In particolare, la capacità del veicolo di dialogare con i sistemi di regolamentazione del traffico, oltre alla telediagnosi e al sistema di connettività tra auto e driver, renderanno possibile l’accesso ottimizzato alle ZTL e l’utilizzo sofisticato dei parcheggi;
- l’affrancamento dell’auto dall’uomo per il suo funzionamento, in alcune attività di base, ma non solo (autonomous car). Il direct access, ossia l’utilizzo di veicoli senza l’intermediazione umana, favorirà la diffusione di veicoli ad uso privato, ma su base temporanea e non esclusiva (modello camera d’albergo). Inoltre, la capacità delle auto di spostamento autonomo scollegherà il luogo dell’arrivo/partenza da quello della sosta.
Dall’autonoleggio al mobi-noleggio, verso un’offerta integrata di mobilità pay per use
L’industria dell’autonoleggio punta a sviluppare ogni forma di possibile evoluzione della propria offerta, proponendo servizi moderni, in grado di soddisfare svariate esigenze da parte di ogni segmento di clientela. Alla proposizione di prodotti e servizi sempre più innovativi si aggiungerà un’offerta di servizi integrativi che, seppur non di diretta produzione, aiuterà a soddisfare in modo complessivo le esigenze di mobilità dei clienti. In questo senso, è possibile identificare un’evoluzione della missione, da auto-noleggio a mobi-noleggio, in cui l’oggetto dell’offerta non sarà solo l’auto, ma la mobilità nel suo complesso.
Insomma, gli operatori già oggi si vedono proiettati in una dimensione più ampia, dove oltre a essere iper-specializzati su alcuni prodotti, sono anche aggregatori di altri servizi complementari, in modo da poter servire il cliente a 360 gradi con una sola interfaccia commerciale. Certamente, sarebbe sbagliato prevedere solo questo orientamento, che sarà seguito da molti, ma non da tutti.
Altri (soprattutto chi ha dimensioni più limitate e meno mezzi finanziari) sceglieranno strategie centrate sulla specializzazione e sull’eccellenza operativa, puntando ad un mercato stimolato proprio dagli “integratori di servizi di mobilità” che faranno crescere la domanda dei clienti “finali”, ma che cercheranno partner specialistici per buona parte dei servizi “integrati”.
Questa volontà di far confluire servizi diversi dentro un’unica relazione col cliente potrà avere l’effetto di sfumare alcune delle barriere che oggi separano i singoli prodotti: il rent-a-car, il noleggio a lungo termine, il car sharing e l’assistenza su strada. Alcune imprese del settore punteranno a mantenere una forte specializzazione operativa, pur offrendo al cliente un portafoglio completo di soluzioni.
Altre invece potranno esplorare una strada diversa, determinando anche un superamento della definizione del servizio in funzione della durata, optando per un servizio di mobilità ampiamente inteso. Non appare irrealistico dunque immaginare nel 2030 un servizio di noleggio/assistenza 2.0, che vada da 15 minuti a 5 e più anni, garantendo una serie di strumenti di mobilità e l’accesso a territori, spazi a pedaggio e parcheggi.
Di conseguenza, anche l’attuale modello ‘targa-centrico’ di alcuni servizi potrebbe non essere l’unico, affiancato magari da un altro modello centrato sul livello di servizio. Il faro che illuminerà questi e altri tentativi di sviluppo sarà in generale la domanda dei clienti di accedere in maniera più facile e immediata a forme diverse e integrate di mobilità.
La facilità di accesso, attraverso una relazione fondata su basi digitali e sulla pre-selezione del cliente, sarà una richiesta difficilmente eludibile. Al tempo stesso, la velocità con cui il cliente formulerà le sue scelte e le sue decisioni d’acquisto renderà impossibile non disporre di servizi flessibili, in grado di essere attivati e interrotti, ovvero prolungati o altrimenti modificati nella loro sostanza, senza preavviso.
In termini operativi, i cambiamenti saranno sensibili. Le relazioni umane tra impresa e cliente saranno forse anche intensificate, ma spostandosi su piattaforme digitali e remote. I clienti avranno bisogno di un dialogo crescente con gli operatori, ma non per operazioni fisiche legate al veicolo, visto che questo sarà più autonomo; questo potrà passare dalle mani di un cliente a quelle di un altro cliente senza intermediazione fisica dell’operatore e senza continuità temporale, come già adesso accade per il car sharing.
La stessa organizzazione territoriale ne risulterà modificata, con il superamento del concetto di ‘stazione’ a cui si affiancheranno stalli di parcheggio riservati e distribuiti sull’intero territorio.
Questo scenario evolutivo non sarebbe completo se non ipotizzasse anche un possibile cambiamento della natura stessa degli operatori. Oggi l’auto-noleggio è espressione di equity-fund, banche e costruttori di auto. Domani, quando la mobilità sarà al centro della domanda e dell’offerta, i settori del travel e delle TLC saranno probabilmente più coinvolti e magari anche più attivamente interessati, al punto da poter assumere un ruolo attivo.
Questi sistemi di ‘mobi-noleggio’ potranno contribuire a migliorare la mobilità nel suo complesso in diversi modi. Innanzitutto, riducendo progressivamente la dotazione ipertrofica di veicoli privati del nostro Paese. In considerazione del basso tempo di utilizzo delle auto, è possibile e necessario garantire la medesima libertà e indipendenza con un numero inferiore di auto disponibili. Se fino ad oggi questo è stato difficile, da adesso in avanti è possibile ottenerlo grazie alla tecnologia e alla vocazione alla mobilità degli operatori della mobilità a noleggio.
E’ innegabile che riuscire ad associare la mobilità individuale a mezzi di trasporto disponibili a tutti, sebbene in via temporanea ma esclusiva, ridurrebbe il numero di auto immobilizzate che occupano suolo pubblico, destinabile alla mobilità anziché alla sosta.
Ma non possiamo dimenticare che – oltre ai mezzi – la mobilità dipende anche dalla fluidità del traffico, che a sua volta è sempre più condizionato dalle informazioni disponibili per gli automobilisti, oggi, e per le stesse auto, domani. Di conseguenza, le reti ICT d’ora in avanti saranno importanti quanto e più di quelle stradali.
Le Istituzioni hanno davanti la sfida di una nuova mobilità urbana ed extra-urbana, che risponda alle esigenze delle persone con sistemi di trasporto efficienti, sicuri e sostenibili, in grado di gestire i flussi di traffico e di adattarsi in tempo reale, eliminando gli spostamenti non necessari.
La realizzazione delle ‘smart city’ non è un compito esclusivo delle Istituzioni, ma è indubbio che la loro missione sia agevolare la diffusione dei sistemi creando le infrastrutture adeguate e adattando il relativo quadro normativo di riferimento.
Le Istituzioni, a vari livelli di competenza, dovrebbero impegnarsi a rendere disponibili alcune infrastrutture essenziali in settori cruciali della mobilità urbana e extra-urbana:
- accessi alle ZTL più flessibili e sofisticati, con un sistema di contatori IN/OUT;
- parcheggi segmentati ad accesso digitalizzato;
- strade attrezzate con sistemi di rilevamento e comunicazione digitale, in grado di intercettare e dialogare con il singolo veicolo;
- copertura wi-fi con reti 4G, su cui le auto potranno comunicare alla massima velocità possibile.
Il processo normativo dovrà essere più efficace e tempestivo, incrementando la cooperazione con gli operatori e i sistemi di controllo delle devianze.
Sarebbe opportuno svincolare la mobilità dalla targa del veicolo e agganciarla invece alla persona che si muove (dal ‘bene mobile registrato’ al ‘soggetto driver registrato’), con riflessi su responsabilità civile, assicurazioni, accessi e parcheggi.
In un mondo dove la proprietà dei mezzi sarà sempre meno corrispondente al loro effettivo utilizzo, questo legame è fuorviante. Se non altro perché a una targa non corrisponde più un proprietario/utilizzatore, ma un proprietario e molti utilizzatori.
Un’evoluzione che consentirebbe un’offerta di mobilità automobilistica più veloce e fruibile, dove ciascun soggetto si farebbe carico (essendo identificato) di ciò che usa, per il periodo di impiego.
Anche sul piano fiscale, l’intero impianto del fringe benefit andrebbe adeguato. Oggi il fringe benefit è ‘auto-centrico’, mentre domani il perimetro potrebbe essere ampliato.
Più specificamente, potrebbe delinearsi un trattamento fiscale non più legato solo a un tetto che considera esclusivamente il valore dell’auto e quindi ipotizzare un benefit riguardante molteplici servizi di mobilità (auto assegnata, auto occasionale, car sharing, altre forme di mobilità).