Cinque mari si collegano a Mosca attraverso i suoi grandi fiumi che scorrono da nord a sud (solo gli affluenti laterali vanno da est ad ovest): il Mar Baltico, il Mar Nero, il Mar Caspio, il Mar Bianco (sopra la Siberia) e l’Oceano Pacifico. Persino New York si può raggiungere via acqua da Mosca sia da nord che da sud.
Partiamo dunque all’esplorazione della Via degli zar. Volo alle 6,35 da Fiumicino, arrivo a Monaco alle 8,10, colazione (otto euro per un caffè e un cornetto), volo Monaco–Mosca. Per il Visto ci ha pensato Giver che, da Genova, porta gli italiani a scoprire questa parte di mondo attraversando canali navigabili, laghi e fiumi.
Alle 8 il nostro bus ci aspetta fuori dalla nave per portarci nel centro di Mosca. Vladimir, la nostra guida, è davvero in gamba: ci racconta aneddoti, storia, attualità russa per farci entrare nell’anima del Paese. Scopriamo cosi una Russia profondamente religiosa, iniziamo a capire perché sembra che a nessuno qui interessi parlare inglese (compreso commesse e cameriere), troviamo un popolo non freddo ma gentile e romantico che non esita a scambiarsi tenerezze per strada (e anche un traffico niente male). Ci colpisce un modo in cui gli stranieri prendono in giro i russi: le cupole di Mosca, spiega Vladimir, simboleggiano l’animo umano ed è per questo che dicono che noi russi siamo “piagnoni”, perché abbiamo le cupole a cipolla! Per le strade, pulite ed ordinate, non ci sono venditori ambulanti e le donne portano i foulard di lana battuta a seconda dell’etnia di appartenenza. Vediamo la Krasnaja Ploschad’, la Piazza Rossa e scopriamo che, in russo, “Krasnaja” significa sia “rossa”, sia “bella”, e krasnaja è un complimento che viene rivolto alle ragazze.
Prima di rientrare in nave per la cena, una visita alla bellissima cattedrale del Cristo Salvatore, con le sue famose icone. Il consiglio è di scendere le scale ed andare al piano inferiore, troverete una atmosfera fortemente mistica. La cattedrale si trova accanto alla zona più ricca della città, il cosiddetto Miglio d’oro (per il prezzo delle case). Dopo cena, la nostra guida Vladimir ci accompagna alla scoperta della metropolitana di Mosca: alcune stazioni sono davvero delle opere d’arte. Dal 1935 ad oggi sono aumentate diventando ben 187. Le indicazioni sono in cirillico ma la struttura dei collegamenti è semplice (ci sono dodici linee e basta munirsi di mappa per orientarsi anche se non si conosce il cirillico). Vladimir ci spiega che i padiglioni sono alti 2–300 metri ma per imbrogliare l’aviazione tedesca (dato che la metro era usata come rifugio antiaereo) non corrispondono esattamente alla metro di sotto. La fermata Dinamo, vicino all’omonimo stadio, ha due padiglioni per ricordare la classicità greca. Ci sono stazioni in tutti gli stili: dal liberty al classico al moresco militare come nel caso della stazione Kydckar. Un consiglio utile per orientarsi con gli annunci in russo: se la voce è maschile la metro va dal centro alla periferia, se è femminile va dalla periferia al centro. Prima di tornare alla nave, Vladimir ci porta nel distretto sud ovest (Mosca ha dieci distretti e 125 rioni), sulla Poklonnaja Gora, la Collina degli inchini, cosi chiamata perché la gente si inchina alla memoria dei caduti della Seconda Guerra Mondiale, ai quali è dedicato il grande Park Pobjedy, il Parco della Vittoria . L’impatto è impressionante: il contrasto con il buio della notte e il rosso dell’acqua scuote gli animi. Siamo alle “fontane rosse” che indicano con i loro getti sia la bandiera della Russia sovietica, sia il sangue versato dai suoi uomini. Rientriamo in nave, un salto in biblioteca a cercare qualche libro di storia russa: il desiderio di esplorare il Paese cresce di ora in ora. Opto per la biografia di Ivan Il Terribile, scritta da Henri Troyat.
Mentre la nostra Rachmaninov naviga nel canale di Mosca, Antonio De Bianchi, il direttore di crociera, ci riunisce nella sala da concerto per raccontarci la storia del più grande Paese del mondo (che ha anche raccolto in un libro utile da leggere in navigazione: “Incontro con la storia russa”). Per arrivare sul Volga dobbiamo superare 17 chiuse. Mentre mi sto rilassando sul ponte, immersa nel libro di storia russa, incontriamo la prima chiusa. Sono le 21 ma sembrano le 17 per la luce che abbiamo intorno. Si apre la paratoia a valle e viene immessa l’acqua fino a raggiungere il livello del fiume a monte. A questo punto si apre la paratoia a monte e cosi la nave esce dalla chiusa, con un dislivello di acqua che va dagli 8 al 16 metri. Il comandante ci consiglia in filodiffusione di non perdere la “Chiusa delle Caravelle”, così chiamata per i due velieri in bronzo sulle paratoie, dove passeremo verso mezzanotte.
Al mattino ci troviamo nel porto di Jaroslavl’, antica città russa fondata dal Principe Jaroslavl Il Saggio, famosa per gli affreschi delle sue chiese e per la sua posizione sul Volga, strategica dal punto di vista commerciale e una delle perle dell’anello d’oro. Il nostro bus ci aspetta per accompagnarci in questa nuova esplorazione. Nel parco centrale troviamo le matrioske per le Olimpiadi, un mercatino interessante per la frutta (dove compriamo lamponi e uva spina) e un centro pedonale. Il cuore architettonico della città (Patrimonio UNESCO) è la chiesa di Sant’Elia, della metà del XVII secolo. Ci imbarchiamo per andare in direzione inversa: dobbiamo tornare un poco indietro nel Volga per raggiungere, domani, Goritsy, un piccolo villaggio che si trova vicino al Lago Bianco. Nel frattempo, nella sala concerto iniziano le lezioni di cirillico con Beata che, con tanta pazienza, fa entrare i crocieristi nel meraviglioso mondo della lingua russa. Dopo pranzo, dormitina relax al sole, sul ponte della nave, tra la mia ormai appassionata lettura su Ivan Il terribile e le lezioni sul the russo.
Al risveglio, la nostra Rachmaninov sta navigando sul lago Bianco, nella Russia europea, con una superficie di 1290 chilometri quadrati. Facciamo colazione davanti ai riflessi delicati delle acque, con musica di sottofondo, poi lezione di lingua russa al ponte superiore. Verso le 11.30 approdiamo a Goritzy. Con il bus passiamo lungo un parco nazionale popolato da orsi, simbolo della Russia. In questa cittadina Ivan Il terribile spedì due delle sue mogli, in un monastero femminile. Noi andiamo ad esplorare quello maschile: il Monastero di San Cirillo, attorno al quale si è sviluppata l’omonima cittadina con casette di legno a due piani (Caterina diede l’ordine di non costruire palazzi alti per non precludere la vista al monastero). Una volta ammirata l’iconostasi e gli affreschi del XVII secolo ci reimbarchiamo in direzione dei grandi laghi della Carelia, verso il lago Onega che ha una superficie di circa 9.610 km²; una vasta rete di canali che lo mettono in comunicazione con vari bacini sia marini che lacustri.
Cenare con il cielo bianco e il sole ancora alto è davvero particolare. È difficile decidere se restare a tavola a godersi pelmeni (in Russia i pelmeni hanno la stessa importanza e la stessa popolarità dei tortellini in Italia) e manzo allo Stroganoff o tornare sul ponte a fotografare l’uscita dal lago Bianco e l’ingresso nel canale del Volga, con evidente differenza nei colori dell’acqua. Il tempo è dalla nostra parte, fa caldo e i colori del tramonto sono incantevoli.
La mattina dopo attraversiamo il lago Onega ed arriviamo sulla piccola isola di Kiji, patrimonio Unesco. Troviamo chiese molto grandi perché costruite con i soldi dei contadini, desiderosi di vedere l’opera dalle finestre delle loro case ma anche dalle isole vicine (dato che non hanno chiese).
Impressionante è un particolare: la grande chiesa della Trasfigurazione è fatta senza chiodi. È un gioiello dell’architettura in legno del XVIII secolo conservata benissimo.
Un campanaro che dall’Ucraina ha deciso di venire a vivere qui con la sua famiglia ci dona qualche momento della sua arte mentre le note volano sull’acqua.
In serata ripartiamo per Mandroga navigando lungo il fiume Svir che collega i laghi Ladoga e Onega. Attraversiamo il cuore della Carelia, tra paesaggi di grande bellezza. Il direttore di crociera ci offre la sua ultima lezione di storia, da Lenin a ciò che sta accadendo ora in Ucraina. A bordo ci sono diversi membri dell’equipaggio ucraini. Mentre le loro case sono sotto i bombardamenti, loro sono qui a lavorare con grande professionalità: istintivamente sentiamo una grande forma di rispetto per queste persone che, nonostante abbiano la preoccupazione nel cuore, continuano a trasmettere serenità ai turisti in crociera.
Sbarchiamo a Mandroga, un villaggio di tipiche “isba” (case contadine) costruite con tronchi di albero. La sera, alla cena di fine crociera, il comandante della Rachmaninov, Jurij Mikailovich, fa con ognuno di noi un bellissimo brindisi augurale: che Dio vi sia accanto qualunque cosa facciate. È davvero pervaso di fede questo grande Paese ricco di chiese e monasteri sopravvissuti al comunismo
Gli ultimi due giorni, con la nave ferma nel porto di San Pietroburgo, esploriamo la città fondata in un posto strategico, nel delta della Nieva, dallo zar Pietro Il Grande (era alto due metri, nonostante il suo 38 di piedi) per proteggere lo sbocco a nord.
Lo zar voleva una città in stile europeo e quindi, oltre a chiamare architetti e artisti europei, istituì una sorta di dazio: chiunque arrivava qui doveva portare una quantità di pietra per costruire le case.
Elisabetta I diede poi alla città lo stile barocco. San Pietroburgo è costellata di opere dell’architetto italiano Bartolomeo Francesco Rastrelli. I sanpietroburghesi dicono che le sue costruzioni sono bianche e azzurre perché era innamorato degli occhi azzurri della zarina.
Visita obbligatoria all’Hermitage: non si può non andare, ma con la consapevolezza che non basterebbe un mese per goderselo in pieno. Tre milioni di opere d’arte, di cui 60mila esposte, divise in sei edifici: il Palazzo d’Inverno realizzato dall’architetto Bartolomeo Francesco Rastrelli, il Piccolo Ermitage (architetti Yuri Velten e Jean-Baptiste Vallin de la Mothe), il Vecchio Ermitage (Yuri Velten), il Nuovo Ermitage (architetto Leo von Klenze), il Teatro dell’Ermitage (architetto Giacomo Quarenghi) più Palazzo Menshikov, una succursale dell’Hermitage.
Come ha scritto il suo direttore, Michail Piotrovskij, il dato importante è che dopo la prima volta, la gente ci ritorna una seconda ed anche una terza perché sa di aver lasciato in sospeso qualcosa di molto importante da vivere.
Dopo una giornata di arte piena, Andrea Carraro (responsabile della Giver) ci porta a cena in un ristorante divino: Tsar, in Sadovaya st. dove ci abbandoniamo all’esplorazione della cucina russa di alta qualità (e scopriamo anche i dolci nati sotto i vari zar).
L’ultimo giorno ci dedichiamo ad esplorare San Pietroburgo lungo i suoi canali: ha 22 ponti, tredici dei quali si aprono per far passare le navi.
Infine, cullati dalla nostra Rachmaninov, ci addormentiamo davanti alle luci di San Pietroburgo. Domani lasceremo la nave che per dieci giorni è stata la nostra casa: si ritorna in Italia.
Anna Maria De Luca