Dal 29 novembre 2012 al 28 febbraio 2013, il Centro Culturale di Milano (via Zebedia 2) ospita la mostra di GIULIO DI STURCO dal titolo Fratello Fiume, terzo capitolo della trilogia che il CMC ha dedicato alla relazione complessa tra uomo e ambiente, cominciata con le monografiche di Edward Burtynsky e Ragnar Axelsson.
Per chi ama l’India un racconto fotografico del padre dei fiumi indiani, il Gange, e di altri fiumi di quel paese così affascinante.
Enrica Viganò, curatrice delle mostre di fotografia al Centro Culturale di Milano, questa volta sceglie il lavoro di un giovane, già diventato una delle voci più rappresentative del nuovo reportage italiano, vincitore del World Press Photo Award, categoria Arts and Entertainment, nel 2008 e di altri importanti riconoscimenti quali il Sony World Photography Award.
Curata da Enrica Viganò e ideata da Camillo Fornasieri, organizzata dal Centro Culturale di Milano e Admira, col patrocinio del Comune di Milano, Cultura, Expo, Moda, Design, il contributo del Gruppo FNM, del Credito Artigiano e di DB Arriva, l’esposizione presenta 40 immagini di Giulio Di Sturco, frutto della sua ricerca fotografica sul contesto umano e naturale del Gange e dei suoi affluenti, rivelando grandi capacità nel cogliere l’umanità e il suo legame col mondo, intesi come simbiosi quasi fraterna con le persone che abitano sulle sue sponde, con il suo destino, con i fatti di cui è vittima o protagonista.
Dal suo lavoro emerge il destino del fiume e, nel contempo, il rapporto degli uomini con esso, sia quello di irresponsabilità che segnala un’estraneità, sia quello di accoglienza della sua forza che ne rivela il senso profondo della vita.
“Il Gange è un esempio lampante della contraddizione irrisolta tra l’uomo e l’ambiente. Il Gange è un fiume intimamente connesso con ogni singolo aspetto della vita degli Indiani. È fonte di acqua, energia e sostentamento per milioni di individui che abitano lungo le rive di questo fiume che, grazie alle terre fertili che irriga, fornisce cibo a più di un terzo della popolazione indiana. Il suo ecosistema, inoltre, include tra le più numerose e varie specie animali e vegetali. Nonostante ciò ad oggi è uno dei fiumi più inquinati al mondo a causa dei rifiuti tossici che ogni giorno le fabbriche riversano nelle sue acque, danneggiando la salute dell’uomo e intossicando l’ambiente che lo circonda”.
Cosa succederà domani? Davvero il Gange è destinato a morire sotto i colpi dell’agire umano oppure possiamo credere che qualcosa cambierà? Anche in questo interrogativo, in questo filo sospeso tra un mondo di possibilità e uno scenario di distruzione si racchiude l’essenza e il fascino del fiume e dell’uomo, della storia del fiume Gange e dei suoi affluenti.
Come afferma Enrica Viganò, “La rapida e brillante carriera di Giulio Di Sturco si spiega con la sua straordinaria capacità di cogliere l’essenza delle storie che racconta. Il suo stile raffinato traduce la realtà in immagini emblematiche, che si fanno portavoce di situazioni vere e sentimenti profondi imprimendosi nella memoria di tutti noi”.
“La mostra – suggerisce il direttore del CMC, Camillo Fornasieri – raccoglie una cifra poetica di questo giovane autore che fa tornare attuali, da tempi e regioni diverse, ma con la medesima ontologia, i fiumi di Ungaretti, il Gange di The waste Land di T. S. Eliot, la memoria, la piccolezza e grandezza dell’uomo, e mette in luce non già la sola capacità di homo faber, ma il cuore, capace cioè di abitare il mondo secondo un senso e il proprio destino”.
L’esposizione è accompagnata da un volume della collana I Quaderni del CMC, pubblicato da Admira Edizioni, con testi di Enrica Viganò, di Fabrice Hadjadj e un’intervista della curatrice a Giulio Di Sturco.
Giulio Di Sturco ha 33 anni e vive con base a Bangkok, Thailandia. Ha studiato fotografia all’Istituto Europeo del Design e Arti visive di Roma e il suo lavoro è apparso su numerose pubblicazioni internazionali, come L’Espresso, Vanity fair, Io Donna, The Daily Telegraph magazine, Time magazine, Marie Claire, Geo magazine, The Sunday Times Magazine, Newsweek. Dal 2008 ha cominciato diverse collaborazioni con alcuni dei più importanti organismi internazionali come United Nations, Greenpeace, MSF, Unitaid, WHO e Action Aid.
Giulio Di Sturco ha preso parte al VII Mentor Program 2008-2011 e nel 2010 è stato selezionato per il Joop Swart Masterclass, ha ricevuto il Primo Premio WORLD PRESS PHOTO AWARD, categoria Arts and Entertainment, Primo Premio SONY WORLD PHOTOGRAPHY AWARD, Contemporary issues category, Primo Premio British Journal of Photography: INTERNATIONAL PHOTOGRAPHY AWARD, Secondo Premio nel Premio Internacional do Fotografia Humanitaria Luis Valtuena, Primo Premio GLOBAL WORLD: Through the lens of human
rights, Primo Premio Issue Reporting Picture Story, Poyi International Award 2011, PDN 30, Emering Photographers 2011, Medaglia d’Oro PX3 International Award 2011, Medaglia di bronzo 2012.
Tra le esposizioni personali, si ricorda “Somali Famine” al LUMIX Festival for Young Photojournalism di Hannover nel 2012, “Aerotropolis” al festival Cortona on the Move e al FotoLeggendo di Roma nel 2012, “3/11 Tsunami Photo Project” alla Galleria Open Mind di Milano nel 2011. Mentre, tra le collettive, “Vietato!” alla fsmgallery di Firenze nel 2011, alle Officine Fotografiche di Roma e alla galleria Bel Vedere di Milano nel 2012, “Horn of Africa” alla George Washington University (Washington D.C., 2011) e “PhotoPhilantropy” alle United Nations (New York, 2012).