Il Castello di Rubbia, Grad Rubije in sloveno, si trova a S. Michele del Carso (Gornij Vrh) ed è sede dell’azienda agricola della famiglia Černic, con 13 ettari coltivati a vigneto. Si trova alla confluenza dei fiumi Isonzo e Vipacco, nelle vicinanze di Gorizia, edificato tra i secoli XV e XVI su preesistenze più antiche, come testimoniano le murature neolitiche ancora visibili. L’assetto dell’edificio pare tuttavia secentesco. Il nucleo attuale della struttura è a pianta quadrata, con quattro torri angolari: una è antica, una risale al XIII secolo e due sono secentesche. Delle sei torri a base circolare che presidiavano l’antica muraglia difensiva, due sono tuttora in ottime condizioni. Dalla seconda metà del XVI secolo fino alla fine del XVI secolo il castello appartenne alla famiglia dei conti Egg. Nel 1872 il Castello di Rubbia passò in proprietà al barone Bianchi di Casalanza, il quale vi operò importanti restauri. Nel 1916, durante la Prima Guerra Mondiale, il maniero fu gravemente danneggiato. Un interessante avvenimento storico sembrerebbe collegare questo castello con il leggendario Riccardo I Cuor di Leone, che al ritorno dalle Crociate, nel 1192, fu catturato sulla costa adriatica dal Duca Leopoldo V d’Austria. L’imperatore romano Enrico VI lo fece così rinchiudere in un castello della Contea di Gorizia che si trovava tra due fiumi. È curioso notare che l’unico castello tra due fiumi nella Contea di Gorizia era proprio il Castello di Rubbia, che si trova vicino alla confluenza del Vipacco nell’Isonzo. È così probabile che il leggendario, Riccardo Cuor di Leone, sia stato rinchiuso proprio nelle prigioni del Castello di Rubbia.
Il Castello di Rubbia, in fase di ristrutturazione, diventerà un resort di alto livello.
L’antica cappella sarà adibita per celebrazioni religiose, mentre le altre strutture adiacenti saranno destinate al ristorante, all’albergo dependance, alla sala congressi, al centro benessere con piscina e ai campi da tennis. Nel rispetto dell’architettura originale, il castello e il borgo rispecchiano stili e culture diversi che, fin dall’epoca preromana, hanno fatto la storia di questa zona. L’edificio è attorniato da un parco molto esteso, contenuto entro antiche mura.
La storia del Castello, nel suo uso attuale, deve riferirsi sempre al passato. Fra il 1915 e il 1918, molte grotte furono usate come depositi di munizioni e ripari per le truppe, mentre furono scavate trincee un po’ ovunque e gli stessi castellieri (tipo di abitato neolitico posto su alture e difeso da poderose cinte murarie) divennero posizioni strategiche e punti nevralgici della linea difensiva. I lavori di costruzione della cantina sono stati realizzati vicino a un vero e proprio testimone storico della Prima Guerra Mondiale. Si tratta di una cannoniera sotterranea, con una superficie di oltre 1000 mq collegata ad un ampio reticolo di trincee esterne, costruita tra il 1915 e il 1918 dalla Terza Compagnia Minatori dell’esercito italiano, durante la battaglia del fronte sull’Isonzo, combattuta tra l’esercito austro-ungarico e quello italiano. Questa struttura, attigua alla cantina, diventerà presto un museo storico che, attraverso la ricostruzione fedele di scene raffiguranti la vita di trincea, renderà omaggio alla memoria dei combattenti della Grande Guerra; vittime di quella guerra, incomprensibile e poco sentita, vissuta da migliaia di soldati austriaci, ungheresi, cechi, croati, sloveni e russi contrapposti agli altrettanto numerosi contingenti italiani.
Fedeli alla nostra ricerca di vini da uve autoctone incontriamo Nataša Ćernic, giovane donna del vino, occhi chiari come le idee. Ci presenta la sua azienda basata sulla filosofia legata all’interpretazione del territorio, che comprende la storia e i vitigni autoctoni, coltivati e vinificati non stravolgendo le regole della natura e rispettando le caratteristiche di ciascuna varietà. “Non si seguono regole fisse, ma si cerca piuttosto di interpretare al meglio la storia del vigneto, ogni anno…”
Le vigne sono ubicate a metà collina, a quote comprese tra i 90 e i 150 m.s.l., con il lento evolversi delle ere geologiche e dei fenomeni carsici, si è formata una distesa di terra fertile che per lunghi decenni non è mai stata sottoposta a un reale utilizzo. Qui si trova il vigneto di nome Ušje. I vitigni sono principalmente autoctoni, Vitovska, Terrano e Malvasia, e comprendono anche una piccola parte coltivata a Cabernet-Sauvignon. Il clima è mediterraneo. Il terreno tipicamente carsico, ricco di ferro, si presenta di un colore rosso intenso. La resa per ettaro è molto bassa, ci spiega Nataša, 20-30 quintali per ettaro, si possono contare 3-4 grappoli d’uva per pianta! La coltivazione avviene nel rispetto del territorio, seguendo la biodinamica e vendemmiando solo al raggiungimento della piena maturazione dei grappoli. Tutto il lavoro di vigna è manuale, potatura (a fine gennaio), piegatura e scelta delle gemme, cimatura, spollanatura, diradamento, sfogliatura e vendemmia. Il lavoro meccanizzato è solo quello del taglio dell’erba e trattamenti biologici a basso impatto ambientale.
Il primo approccio all’azienda, la storia del castello, la visita del vigneto e le spiegazioni del protocollo di coltivazione hanno richiesto un certo tempo e la visita alla cantina non può che essere rinviata ad un altro giorno: sicuramente la stessa cura riservata alla coltivazione, viene riservata anche alla vinificazione. Le spiegazioni che riguardano la parte della cantina e la degustazione dei vini meritano uno spazio importante, quindi si ritorna al Castello di Rubbia fra qualche giorno! U.B.