Ci siamo incuriositi per i tanti che hanno letto il precedente articolo su Longobucco ed abbiamo dunque deciso di approfondire la conoscenza di questa parte d’Italia, Longobucco è un comune di 3.694 abitanti in provincia di Cosenza, posto in una delle più suggestive vallate della Sila Greca, percorsa dal fiume Trionto.
Perchè andare a Longobucco? Ma perchè la Sila è di una bellezza struggente, così selvaggia e incontaminata. perchè a Longobucco sono tradizionali i ricami e la tessitura con il telaio, quindi coperte, tappeti, asciugamani, tovaglie, strofinacci, centrini, arazzi ed in casi eccezionali anche vestiti ed accessori. Perchè a Longobucco potete vedere il Tesoro frutto della grandissima arte di cesellare l’argento. Perchè a Longobucco era fiorente l’artigianato, in modo particolare quello dei fabbri, e se ne possono ancora ammirare le opere. Qui possono venire gli amanti della natura. La storia di questi luoghi è legata indissolubilmente alle loro risorse naturali la cui presenza è favorita dalla posizione geografica nel cuore della Sila e dall’inserimento del suo territorio nel Parco della Sila. Le tante fiumare con montagne che superano i 1600 metri, i tanti sentieri per il trekking o per semplici passeggiate a contatto con la natura incontaminata, le tante fontane sparse lungo il territorio che offrono un’acqua fresca e dal sapore gradevolissimo fanno da cornice a questo paese. Il primo sito riguarda la zona mineraria intorno a Longobucco; il secondo riguarda la zona rocciosa di Pietragnazzita con i suoi monumenti geologici. E poi ci sono i monumenti storici, come la Torre Normanna, che in realtà è il campanile del paese. E qui si può percorrere la storia di famosi briganti, non sempre o non solo delinquenti, in lotta che il potere prima e dopo l’unità d’Italia.
Perchè Sila Greca? Tra il 1448 e il 1535 molti esuli dall’Albania si insediarono nelle terre del versante ionico della Sila creando alcune comunità dette Sila Greca. Oggi i comuni di lingua albanese sono circa trenta. I loro usi, costumi e tradizioni sono rimasti inalterati nel tempo.
E pure a questa storia risale anche la tradizione enogastronomica di Longobucco, e per descriverla senza errori abbiamo usato pari pari il post scritto da Administrator nel sito del comune Longobucchese.
“Le tradizioni enogastronomiche longobucchesi appartengono a quella definita identità mediterraneo-jonica-silana. Un tempo il piatto caldo principale era la minestra (minestra varbariata o ‘mpastata di verdure e ortaggi vari del luogo). Tra i piatti tipici ancora oggi i ferriatti e grastatu ( fusilli fatti a mano conditi con ragù di castrato).A carnevale si confezionano i vermiciaddi, vermicelli lunghi e morbidi con ragù di carne di maiale e finninula ( un particolare insaccato di maiale). Con i tagghjarini (tagliatelle) vengono solennizzate alcune feste religiose, come san Giuseppe (19 marzo): u mitu e San Giseppe : tagliatelle condite con fagioli e ceci precedentemente cotti insieme a dei pezzi di baccalà. Altro piatto tradizionale longobucchese e pitte farcite, fatte quando si lavora il pane casereccio ( con lievito naturale, criscenta) ,carusa, sovente di segala,: jermanu, con l’aggiunta di patate lesse per rendere il prezioso alimento più morbido. La pitta picata, perché lavorata a mano non perfettamente lisce ma appunto picate, picate, a pitta cu ru maju, con fiori di sambuco, essiccati all’ombra, salati e messi sottolio. I carriciaddi: pasta di pane impastata con olio, spianata e tagliata a strisce. Su ognuna si stende un po’ di sardellina, frittula, o altro. Le strisce si avvolgono a rotolini e si dispongono l’uno vicino all’altro in una teglia. Si lascia lievitare e si inforna. Sono tagliate a fette sottili e lasciate ad asciugare al sole, pomodori, melanzane, zucche (‘ngidde) ed altro ancora, buoni per sottoaceto e sottolio. I fichi secchi, come le crocette (fichi ripiene di noci ed infornate) sono ancora oggi molto degustate come dolci. I longobucchesi nei famositerzaluri recipienti di terra cotta salano di tutto, come la famosa sardedda (il caviale dei poveri) salata ed impepata.
Tra i prodotti della carne di maiale allevato in campagna: la frittula (ciccioli) suzu(gelatina), prisuttu (prosciutto), capeccuaddu (capicollo), grassu (strutto), panzetta (pancetta salata), sazizze(salsicce), soppressate (soppressate), finninule (insaccati di rimasugli). Fra i prodotti caseari: caciocavallo silano, formaggio da tavola, ricotte, mozzarelle, butirri e a ‘mpanata: misto di siero di latte e pezzetti di pane duro, tolto il siero si aggiunge ricotta calda, si mescola il tutto pronto per la consumazione. Dolci natalizi: chjnulidde,(curpinedde): uva passa, noci, marmellata, il tutto è racchiuso in una delicata sfoglia confezionata a mezza luna ed infornata. Crustuli, biscotti fritti ricoperti di miele, giurgiulena torrone di semi di sesamo. Fritti a bantu, impasto di farina, olio, acqua calda e alloro, da lavorare nela stessa pentola, formare tante ciambelline e friggere subito, ottimi caldi e con lo zucchero. Fritti e pasta fatta, ciambelle di farina e patate. Il vino è la bevanda per eccellenza, prodotto nelle vigne di destro, ortiano e Manco, mentre le “cantine” (osterie) si riforniscono a Cirò. “U spiritu o acqua e macruciulu”, una potente acquavite, distillato della vinaccia di svinatura, a volte aromatizzato con more di gelso.”
Scritto da Administrator