Antonio Tabucchi è morto per il solito male incurabile, a Lisbona. Partito da Vecchiano, in Toscana, si era trasferito a Lisbona per amore di quella terra, e si divideva con soggiorni a Parigi.
Viaggiava in Europa e scriveva libri, diventando il più europeo degli scrittori italiani.
Raccontava Tabucchi la sua fascinazione per un libro di avventura e di viaggi in mare, L’isola del Tesoro. Quel libro lo trasportava nell’oceano favoloso e il vento gonfiava soprattutto le ali della sua immaginazione. Ma non gli bastava la sola fantasia, gli serviva un’aggancio alla realtà e lo cercava sul suo atlante.
“Avevo il mondo davanti a me. Sulla prima tavola dell’atlante, il globo diviso in due come un’arancia, poi le tavole successive dei vari continenti. La cosa che mi affascinava di più era che sulla pagina di destra veniva raffigurato un continente e su quella di sinistra una serie di fotografie rappresentative del continente in questione: Ne ricordo qualcuna per l’Europa il Colosseo, la torre Eiffel, ……… Era quello il mondo. E quella è stata la mia prima idea della Terra. Per me era immutabile e sicura, perché da un lato c’era la rappresentazione astratta della sua forma geografica e dall’altro le immagini fotografiche, il contenuto. Ho ancora quell’atlante, ormai inutilizzabile, come un orario scaduto delle ferrovie.
Per me, che non ho mai preteso di insegnare niente a nessuno se non gli strumenti di lavoro per ricostruire filologicamente un testo letterario, quell’atlante costituisce un prezioso strumento didattico. Lo tengo da parte per i miei nipoti affinché non pensino, come pensavo io allora, che il mondo sarà sempre quello che conoscono (…)” da “Viaggi e altri viaggi”, Feltrinelli